Focus: Mimetismo

L'arte di camuffare

Camouflage
di Sandra Fiore

Il mimetismo, mutuato dalla natura, è entrato nell’arte, nella moda e nel mondo militare. Furono addirittura i pittori cubisti a ispirare, con le loro teorie estetiche, le modalità di camuffamento degli eserciti e dei mezzi bellici durante la Prima Guerra Mondiale. Da Andy Wharol ad Alighiero Boetti fino al bodypainting di Liu Bolin l’arte mimetica non smette di sorprendere

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Camuffare o rivelare attraverso il mimetismo: un fenomeno frequente in natura e assunto da alcune avanguardie artistiche come spunto per riflettere sulla funzione e lo scopo della rappresentazione pittorica; ed è un gusto che si è affermato anche nell’ambito della moda e del design, dettando stili e tendenze. Già i cubisti, da Braque a Picasso, scomponendo la realtà e gli oggetti, da prospettive multiple, in forme geometriche e bidimensionali, ricorrendo al monocromo, si sono avvicinati a una sorta di mimetismo. Tant’è che a questa avanguardia si deve anche la diffusione del camuflage in ambito militare, come metodo per rendere meno evidenti ai nemici le artiglierie e i mezzi bellici.

Nel 1915 Picasso spiegava a Guillame Apollinaire, poeta combattente, che invece del classico grigio metallico sarebbe stato opportuno dipingere i cannoni di colori vivaci per meglio confonderli nell’ambiente. L’esercito francese fu il primo a dotarsi, durante la Grande Guerra, di un corpo specializzato nel quale furono arruolati pittori e scenografi dell’avanguardia artistica, destinati appunto a mimetizzare cannoni e postazioni militari, grazie a una “decorazione” a piani scomposti. L’intuizione di creare questo nucleo militare venne al pittore e maresciallo Lucien-Victror Guirand de Scevola così, tra le milizie, si trovarono a lavorare Leger, Braque, Villon e altri artisti, tanto da far esclamare allo stesso Leger: “Questa guerra è astrazione pura, più pura della pittura cubista”.

Non da meno fu l’influenza dei futuristi, con la teoria della rappresentazione del dinamismo, della velocità delle macchine. In Inghilterra, nel 1914, da queste idee prese vita il vorticismo, il cui massimo esponente fu Edward Wadwsorth, che ebbe un ruolo importante nella nascita della “dazzle painting”, da “to dazzle”, che significa abbagliare o confondere le percezioni. Le navi inglesi e americane nell’ultima fase del conflitto mondiale venivano tinteggiate a bande, a strisce, così da interrompere la sagoma dell’imbarcazione, disorientando la mira dell’avversario. Il camouflage in ambito militare fu un'intuizione geniale, come scrisse Jean Paulhan, scrittore e critico francese: “Ci fu un momento, nel quale si è voluto cambiare l’aspetto di baracche, cannoni, automobili. Si è voluto che assomigliassero ad alberi, pietre. Per questo scopo sono stati appellati Braque e  Picasso. (...) Gli unici dipinti ai quali l’opinione pubblica rimproverava di non assomigliare a nulla, erano, nel momento di pericolo, gli unici che potevano assomigliare a tutto”. (Paulhan, Jean, 1952, “Le camouflage, la guitare et les papiers collés”).

Dazzle-ships in Drydock at Liverpool, 1919, National Gallery of Canada, Ottawa

Dazzle-ships in Drydock at Liverpool, 1919, National Gallery of Canada, Ottawa

La fusione di forma e fondo, la somiglianza fra oggetto e paesaggio, portò negli anni Ottanta Andy Warhol a realizzare una serie intitolata “Camouflage” come "risposta alla domanda: che tipo di opera potrebbe essere contemporaneamente astratta e non astratta (cioè rappresentativa)?". In alcune opere, Wharol segue nella tavolozza il modello “Disruptive Pattern Material (DPM)”, lo schema di camuffamento militare usato dalle forze armate britanniche. Altre opere, invece, sono caratterizzate dai colori acidi, secondo il gusto della Pop Art. Nell’Ultima Cena, l’artista invece rielabora l’opera leonardesca, ponendovi sopra un velo mimetico. (Maite Méndez Baiges, Il camouflage mimetico e il problema della rappresentazione pittorica, Firenze 2015).

Alighiero Boetti, esponente dell’Arte Povera, con l’opera “Mimetico”, nel 1966, riutilizza un pezzo di stoffa militare, usata dall’esercito italiano negli anni Cinquanta, con un' operazione che si avvicina al readymade di Marchel Duchamp. “L’opera gioca sulla profonda ambiguità del motivo: è perciò una composizione astratta di forme e colori, ma è senz’altro anche un paesaggio, proprio perché il tessuto DPM o camouflage mimetico imita il paesaggio per confondersi con lo stesso”.

Il bodypainting è un'altra espressione dell’arte mimetica: l'abilità è quella di rendere la modella o il modello totalmente trasparenti, davanti al paesaggio o a una veduta.  È il caso, ad esempio, dell’opera di Liu Bolin (1973) artista cinese, noto per i suoi autoritratti fotografici, caratterizzati dalla fusione del corpo con l'area circostante.

Fonte: Sandra Fiore, Ufficio stampa, sandra.fiore@cnr.it

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