In una lettera aperta scritta da numerosi scienziati (Ansa 21 gennaio 2022) sono elencate le contraddizioni di questa pratica: dall’impatto del carburante per alimentare i gatti delle nevi che servono per portare i teli in quota a quello della produzione delle materie plastiche di cui sono composti, dal rilascio delle fibre plastiche fino al "soffocamento” di piante e animali. Secondo il ricercatore del Cnr-Isp l'equivoco nasce dalla narrazione che ha accompagnato l'adozione di questa misura. “Stendere un telo sopra un ghiacciaio serve solo a tentare di ritardarne lo scioglimento, per preservare delle legittime attività economiche legate alla loro preservazione. Insomma, un tentativo di greenwashing che, lungi dal risolvere il problema, rischia di creare confusione e compromettere la sensibilità ambientale consolidata con fatica negli ultimi anni. Coprire un ghiacciaio, inquinando l’ambiente e consumando risorse, non fa che perpetrare la stessa miope visione che ha provocato il problema. Lo definirei il business della sostenibilità. Adattarsi davvero al cambiamento climatico significa accettare un cambio di paradigma che metta al centro la riduzione degli impatti e il senso del limite, è una soluzione più onerosa e a lungo termine. Portare avanti procedure impattanti per mantenere un turismo di montagna sempre più insostenibile è l’opposto dell’adattamento, è accanimento”.
Quali, dunque, le alternative? "I ghiacciai si salvano solo stabilizzando il clima del Pianeta, non esistono scorciatoie. Mentre la mancata riduzione delle emissioni di gas serra porterebbe alla quasi totale scomparsa dei ghiacciai alpini entro la fine del secolo, il contenimento dell’incremento delle temperature entro i 2 °C rispetto al periodo preindustriale, come da accordo di Parigi, salverebbe il 40% del ghiaccio oggi presente sulle Alpi", conclude Gabrieli. "Questa percentuale non potrà essere nemmeno minimamente aumentata dalla posa dei teli geotessili, anche a causa dell’impossibilità logistica ed economica di implementare questa tecnologia su larga scala”.
Fonte: Jacopo Gabrieli, Istituto di scienze polari, e-mail: jacopo.gabrieli@cnr.it