L’Unione Europea e il nucleare
I Paesi membri della Ue hanno posizioni diverse nei confronti di questa fonte energetica, sebbene il gruppo di esperti istituito dalla Commissione per esaminare la questione abbia stabilito che l'energia nucleare, con emissioni di gas serra prossime allo zero, può contribuire agli obiettivi di mitigazione del clima. Luca Moretti, responsabile dell’Ufficio relazioni europee e internazionali del Cnr a Bruxelles, fa un quadro della situazione
Uno dei temi più ricorrenti nei mesi scorsi riguardava le fonti di produzione energetica nei singoli Stati e la dipendenza degli stessi dai grandi produttori mondiali. L’emergenza energetica è nuovamente salita agli onori (o disonori) della cronaca con l’inizio del conflitto tra Ucraina e Russia, considerando che da quest’ultima dipende circa il 26% del petrolio Ue e circa il 40% del gas. È evidente quindi la necessità di fonti di approvvigionamento alternative che consentano un’autosufficienza Europea e al contempo il rispetto dei target di emissioni inquinanti fissate proprio dall’esecutivo Ue. Al proprio insediamento nel dicembre 2019, la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha immediatamente puntualizzato che il Green Deal europeo sarebbe stato il principale obiettivo strategico per i cinque anni del suo mandato. I target che tutte le politiche comunitarie saranno chiamate a raggiungere possono essere sintetizzati in: zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050; crescita economica dissociata dall'uso delle risorse impattanti; approccio geograficamente e socialmente olistico (nessuna persona e nessun luogo trascurati).
Fatta salva l’emergenza della pandemia, che ha assorbito una fetta imponente di stanziamenti Ue, occorre ricordare che un terzo dei 1.800 miliardi di euro di investimenti del piano per la ripresa di NextGenerationEu e del bilancio settennale dell'Unione finanzieranno il Green Deal europeo. La scelta energetica del nucleare è naturalmente una delle opzioni più discusse sul piatto del Green Deal verso la riduzione di emissioni di gas-serra, con posizioni e atteggiamenti spesso controversi all’interno dei Paesi membri Ue.
Per fornire agli Stati membri un parere terzo, nel luglio 2018 la Commissione europea ha istituito un gruppo di esperti (di finanza sostenibile), con lo scopo di elaborare un set di raccomandazioni e criteri per attività economiche che potessero dare un contributo sostanziale agli obiettivi di mitigazione climatica, compatibili con il principio “do not significant harm” (Dnsh) a scapito degli altri quattro grandi obiettivi, quali: uso sostenibile e protezione dell'acqua e delle risorse marine; transizione verso un'economia circolare; controllo della prevenzione dell'inquinamento; protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi
Nel rapporto finale il gruppo di esperti ha concluso che l'energia nucleare ha emissioni di gas serra prossime allo zero nella fase di generazione di energia e può contribuire agli obiettivi di mitigazione del clima. Sebbene fosse pertanto giustificato considerare l'energia nucleare dal punto di vista della mitigazione del clima, il rapporto non ha potuto giungere a una conclusione definitiva sul potenziale “danno significativo” per altri obiettivi ambientali, in particolare considerando la mancanza di esperienza operativa permanente circa lo smaltimento di rifiuti di tale natura.
La Commissione ha successivamente affidato al Jrc (Centro comune di ricerca), un riesame del rapporto per valutare la produzione di energia nucleare in base ai criteri Dnsh, considerando gli effetti dell'intero ciclo di vita dell'energia nucleare in termini di impatti ambientali esistenti e potenziali in tutti gli obiettivi, con enfasi sulla gestione dei rifiuti nucleari e radioattivi generati. Il risultato di questo riesame è un corposo documento di 387 pagine, che fornisce una lettura chiara ed esaustiva e una serie di “key findings” che possono costituire una fonte, scevra da conflitto di interesse, per gli Stati membri che volessero intraprendere (o rinforzare) la strada dell’energia nucleare. Il report tiene in considerazione le battute di arresto che il nucleare ha avuto dopo l’incidente di Fukushima e dei passi da gigante che la ricerca (ma anche la normativa) ha fatto in termini di messa in sicurezza degli impianti.
Fotografia della produzione di energia nucleare nei Paesi Ue
La figura (fonte Eurostat 2020) ci fornisce una fotografia della produzione di energia nucleare nei Paesi Ue che è un po’ la cartina di tornasole della postura che ciascuno Stato membro ha assunto in questa corsa verso il Green Deal.
Nel corso degli ultimi anni, però, quelle che sembravano posizioni consolidate circa l’approvvigionamento energetico dei Paesi europei sono state oggetto di riflessioni e rivalutazioni spesso influenzate dalla presenza della componente partitica “verde” nei rispettivi governi. Ne è esempio lampante la Germania (dove i Verdi sono la seconda forza politica) che ha dato avvio a un progressivo phasing out con lo spegnimento a fine 2021 di tre centrali su sei ed è presumibile che anche le restanti tre seguiranno medesima sorte. Malgrado la condizione di emergenza energetica di questi giorni cui gioverebbe un’iniezione di energia nucleare, la Germania non sembra intenzionata a una retromarcia, con la spiegazione che lo stadio di disattivazione (shut down) è talmente avanzato che un eventuale ripristino non darebbe benefici in tempi ragionevolmente utili. Malgrado il Green Deal, il carbone sembra tornato a essere la fonte privilegiata per la produzione energetica.
Ma quando ci presentiamo non come Stati singoli ma come Ue a 27, qual è la scelta e qual è l’impegno sul nucleare? L’Ue, insieme a un certo numero di altri Paesi (Cina, Corea, Giappone, India, Russia e Stati Uniti), è dal 2006 - anno della firma dell’accordo - operativamente e finanziariamente impegnata nella costruzione e messa in opera di Iter, il più grande progetto mondiale di macchine per la fusione che, parole della Commissione, “potrebbe contribuire in modo significativo a soddisfare il fabbisogno di energia pulita del futuro”. Non dimentichiamo che, legato finanziariamente al Programma quadro di ricerca e innovazione dell’Ue Horizon Europe, viene adottato un Programma a sé stante - Euratom - al quale sono destinati 1,38 miliardi di euro del bilancio comunitario per ricerca sul nucleare, di cui poco meno di un terzo per la fusione, ovvero per Iter.
Una riflessione andrebbe quindi fatta dai singoli Stati membri in ragione degli ambiziosi obiettivi che ci siamo posti in termini di cambiamenti climatici e di emissioni inquinanti.
Fonte: Luca Moretti, Ufficio relazioni europee e internazionali del Cnr a Bruxelles, e-mail: luca.moretti@cnr.it