Elogio della lentezza
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A procedere con calma sono alcuni animali marini come il lamantino, lo squalo della Groenlandia, il cavalluccio marino, la stella marina e l’anemone dei quali illustra le particolarità Ester Cecere dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr
Sicuramente, non si stressano. Hanno fatto della lentezza il loro stile di vita. Stiamo parlando di alcuni animali marini, alcuni noti e iconici; altri, meno. Cominciamo da questi ultimi con il lamantino, nome scientifico Trichechus (da non confondere col tricheco che ha le zanne). Spesso chiamato "mucca di mare", è un pacifico mammifero che abita le acque calde delle coste delle Americhe e dell'Africa, dove nuota a una velocità di circa 5 km/h. Perché è così lento? Innanzitutto, per alcune sue caratteristiche fisiche non adatte a conferire velocità ai suoi spostamenti. La coda, grande, ha la forma di una racchetta e le pinne pettorali, molto flessibili, sono utilizzate per muoversi sul fondo e scavare piuttosto che per nuotare. Con un peso medio di 400-500 kg e la lunghezza di 2,8-3 metri, in assenza di strutture fisiche che facilitano spostamenti veloci, il lamantino si muove placidamente nutrendosi di piante acquatiche. Questa dieta, infatti, non richiede movimenti rapidi come lo scatto e l’inseguimento di una preda in rapido movimento, e contribuisce alla sua lentezza, placidità, diremmo! Il lamantino riposa dalle 2 alle 12 ore al giorno e trascorre le altre a brucare. Inoltre, esso vive in acque poco profonde, non interessate dal moto ondoso del mare aperto, dove la velocità gli sarebbe più vantaggiosa per contrastarlo. A ciò si aggiunga che questo simpatico gigante non ha predatori naturali, pertanto, non ha bisogno di essere veloce. Le minacce gli vengono dalle attività umane, come le collisioni con i motori fuoribordo. Un tempo cacciato per ricavarne olio o per le sue carni, oggi è protetto, ma la riduzione del suo habitat naturale lo rende una specie a rischio di estinzione. Una curiosità: il termine lamantino deriva dal francese “lamentin” cioè lamento, con riferimento ai suoi versi, che gli antichi marinai scambiavano per gli ammalianti canti delle sirene.
Veniamo adesso allo “squalo della Groenlandia” (nome scientifico: Somniosus microcephalus (Bloch e Schneider, 1801), un elusivo abitante delle profondità (raggiunge i 2.000 metri) dell'Atlantico settentrionale e dell'Oceano Artico, così chiamato proprio perché si spinge più a nord di qualsiasi altra specie di squalo. È il vertebrato più longevo al mondo, con una durata di vita stimata di circa 400 anni. Una femmina di squalo della Groenlandia può diventare sessualmente matura solo all'età di 150 anni. Con dimensioni paragonabili a quelle dello squalo bianco - gli esemplari più grandi misurano oltre 6 metri di lunghezza e pesano circa 1.000 kg - si muove alla velocità media di circa 1.2 km/h e alla massima di soli 2.9 km/h, ragion per cui è stato soprannominato “squalo sonnolento”. Secondo Paolo Domenici dell’Istituto di biofisica del Cnr: “La sua lentezza sembra in linea con la sua longevità. Sappiamo anche che si ciba di foche ma non è ancora chiaro come un animale così lento le possa catturare”. La scarsità di notizie su questo longevo vertebrato la dice lunga su quanto poco ancora conosciamo di alcuni abitanti marini.
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Parliamo ora della lentezza di un vertebrato sicuramente più noto e simpatico dello “squalo della Groenlandia”, il cavalluccio marino, genere Hyppocampus, che comprende attualmente 54 specie di pesci d'acqua salata conosciuti comunemente anche come ippocampi, per via della testa che ricorda quella di un piccolo cavallo. Nel Mediterraneo ne esistono due specie: H. guttulatus e H. hippocampus. Questo grazioso pesce ha una velocità media di 0,09 km/h, vale a dire 90m/h. Perché? Perché può nuotare solo in verticale. Il movimento avviene grazie alla pinna dorsale, che batte da 30 a 70 volte al secondo. Le pinne pettorali, che per forma e posizione ricordano più delle orecchie che delle pinne, sono utilizzate per garantire stabilità e per permettergli di girare, soprattutto durante la caccia. La coda non svolge alcun ruolo nella locomozione, essendosi evoluta come organo prensile con cui ancorarsi ad alghe, piante e rami di corallo. Inoltre, durante la riproduzione, essa è utilizzata dai due partner per unirsi e permettere la fecondazione e il passaggio delle uova dalla femmina al maschio, che le incuberà fino alla schiusa. Nonostante il loro avanzare lento e le abitudini sedentarie (vivono nello stesso luogo per tutta la vita), gli individui del genere Hippocampus hanno sviluppato una notevole efficienza nella caccia. Infatti, proprio per la loro lentezza nei movimenti, grazie alla quale riducono la turbolenza dell’acqua durante l’approssimarsi alle prede (di solito, piccoli crostacei), riescono ad avvicinarsi loro moltissimo. Poi, con la bocca sottile e altamente specializzata, le aspirano.
Esaminiamo ora la capacità di movimento di un altro abitante iconico del mare: la stella marina. Appartenenti agli echinodermi (sono “parenti” dei ricci di mare), le stelle marine hanno una forma particolarissima, senza testa né coda, sono dotate solo di bracci, generalmente cinque. Tuttavia, è possibile individuare un lato orale in cui si trova la bocca, in posizione centrale rispetto ai bracci, e uno aborale dove si trova l’ano. Il sistema di locomozione delle stelle marine è molto particolare ed è detto sistema idraulico. Sul lato orale dell’animale sono presenti dei canali, detti solchi ambulacrali, che percorrono longitudinalmente ciascun braccio. Da questi solchi fuoriescono centinaia di piccole estensioni, le cui estremità sono dotate di ventose, i pedicelli ambulacrali, utilizzati dall’individuo per spostarsi lentamente da un luogo all’altro. Al loro interno le stelle sono attraversate da una rete di canali pieni d’acqua che comunicano verso l’esterno attraverso i pedicelli ambulacrali. Essi, una volta che si sono riempiti di acqua, si allungano e vengono in contatto con il substrato attraverso la piccola ventosa posta alla loro estremità poi, contraendosi, trascinano l’intero organismo. Le stelle marine non si muovono mai molto velocemente; esse percorrono 15 cm al minuto. E se avessero necessità di accelerare, non sarebbero in grado di correre, però rimbalzano. Finora, i ricercatori pensavano che questi invertebrati marini semplicemente strisciassero lungo le rocce e sul fondo del mare. Ma ora un gruppo di scienziati della Bowdoin University, nel Maine, ha scoperto che almeno cinque specie di stelle marine rimbalzano quando sono affamate o vogliono sfuggire a un predatore, e ipotizza che questo comportamento sia più diffuso di quanto si pensi.
E veniamo ora a degli organismi che passano tutta la loro vita senza spostarsi. O almeno così sembra. Si tratta degli anemoni, invertebrati imparentati con le meduse e i coralli. Sono sessili, vale a dire che sono insediati sulle rocce con l’intera base di attacco, cioè senza un peduncolo. Li avremo visti sicuramente anche per evitarli, poiché sono urticanti. Tuttavia, tra le oltre 1.000 specie di ogni forma e colore presenti nei mari di tutto il mondo, ce ne sono alcune in grado di muoversi. Essi strisciano sul fondo a circa un centimetro all'ora utilizzando il disco basale. Come lo sappiamo? Alcuni di loro sono stati fotografati con la tecnica del time-lapse, una modalità di ripresa consistente nella registrazione a intervalli di tempo regolari e non continui di immagini che vengono in seguito montate in modo continuo, con un effetto di scorrimento più veloce del tempo. Tale tecnica è utilizzata proprio per documentare fenomeni che avvengono in tempi lunghi a causa dei cambiamenti lenti.
Una caratteristica importante degli animali “lenti”: di solito sono molto longevi.