Immigrati e imprenditori
In passato, l'emigrazione dalla Cina nel nostro Paese era limitata, ma dai primi anni duemila il flusso di arrivi è aumentato costantemente, rendendo questa comunità straniera la quarta più numerosa in Italia. Gran parte dei cinesi sono titolari di imprese individuali, il commercio e la ristorazione sono i settori prevalenti, come evidenzia Michele Colucci dell'Istituto di studi sul Mediterraneo del Cnr
La presenza cinese costituisce uno dei nuclei più antichi di immigrazione straniera nella storia dell'Italia contemporanea. Giunti nella zona di Milano nel corso degli anni trenta del Novecento, i cinesi si caratterizzarono immediatamente per notevoli capacità di radicamento economico nei settori dell'artigianato e della vendita ambulante. Per lungo tempo la comunità cinese in Italia ha presentato numeri relativamente bassi rispetto al resto del mondo dell'immigrazione, anche a causa delle restrizioni ai flussi in uscita, che per lungo tempo hanno condizionato le politiche migratorie cinesi. Alla fine degli anni '70, con le prime aperture all'iniziativa privata e la nascita delle zone economiche speciali, i vincoli all'emigrazione in Cina sono stati parzialmente allentanti. In Italia, nei primi anni '80 i cinesi erano circa 3.000 su tutto il territorio nazionale. Poi sono cresciuti in modo costante fino a diventare circa 70.000 nel 2003 e circa 300.000 nel 2020, secondo le rilevazioni annuali dell'Istat sui cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Secondo i dati aggiornati al 2020 quella cinese è la quarta comunità straniera più numerosa in Italia - è preceduta solo da Romania, Marocco e Albania - e rappresenta, quindi, la comunità straniera più numerosa al di fuori del mondo euro-mediterraneo.
Il flusso migratorio più sviluppato verso l'Italia è quello proveniente dalla zona meridionale della regione del Zhejiang. Gli indicatori disponibili sulla presenza cinese in Italia forniti dal Ministero del lavoro (aggiornati al 2020) segnalano un notevole dinamismo sia a livello economico sia a livello culturale. L'età media dei cinesi in Italia è piuttosto bassa (il 43% ha meno di 40 anni), le donne sono leggermente più degli uomini (50,4%), il 60% dei residenti ha un permesso di soggiorno di lungo periodo. Molto sviluppato è il settore imprenditoriale: ben 53.297 cittadini cinesi sono titolari di imprese individuali; tra queste, il 46,7% sono imprese la cui titolare è una donna. Le tre regioni italiane più caratterizzate dalla presenza cinese sono Lombardia, Toscana e Veneto.
Molto forte è l'investimento da parte dei cinesi in formazione e alta formazione; il dato sugli studenti iscritti alle università italiane è altissimo: nel 2020 erano 7.747. Tra la popolazione non comunitaria, gli studenti universitari cinesi sono secondi, preceduti solo dagli albanesi. I giovani cinesi si caratterizzano per il loro radicamento nei circuiti della formazione e della professionalizzazione; tra loro, la percentuale di Neet (persone tra i 15 e i 29 anni che non risultano inserite nella formazione scolastica, universitaria o nel mondo del lavoro) è molto bassa: solo l'11,2%, a fronte del 23,3% del dato sui giovani di cittadinanza italiana. Dal punto di vista economico, i settori del commercio e della ristorazione assorbono circa il 60% dei lavoratori cinesi, che hanno un tasso di disoccupazione bassissimo pari al 2,9%.
Una delle tendenze più evidenti nel periodo più recente è la moltiplicazione delle associazioni che raggruppano i cinesi in Italia. Si tratta di un fenomeno legato a fattori diversi, molte associazioni hanno uno scopo commerciale e cercano di costruire canali per migliorare e favorire gli scambi economici tra i due Stati; altre hanno una funzione soprattutto a livello locale e sono nate a seguito della dislocazione sul territorio sempre più diffusa da parte degli immigrati cinesi. Altre ancora hanno un ruolo a livello culturale, promuovendo ad esempio corsi di lingua e cultura cinese, pensati sia per le nuove generazioni di figli dell'immigrazione sia per cittadini italiani. Il dinamismo associativo è anche indice della sempre più visibile diversificazione della presenza cinese in Italia, che risulta ormai un arcipelago plurale, soprattutto a livello generazionale. Le seconde e le terze generazioni, che non hanno vissuto direttamente l'esperienza migratoria, esprimono culture, visioni del mondo, modalità di relazionarsi alla Cina differenti rispetto al mondo dei rispettivi genitori e nonni.
A testimonianza della maturità e della profondità della presenza cinese si può portare l'esempio della crescita e della diffusione della letteratura sinoitaliana, frutto anche dell'aumento degli scambi migratori negli ultimi quarant'anni: Marco Wong, Sun Wenlong, Zhu Qifeng, Hu Lanbo, Gao Liang e molti altri hanno pubblicato romanzi in lingua italiana, dedicati alle più diverse tematiche aventi per oggetto gli incontri e i conflitti tra le culture, le seconde generazioni, i rapporti tra Italia e Cina, spunti di natura autobiografica.
Fonte: Michele Colucci, Istituto di studi sul Mediterraneo , email colucci@ismed.cnr.it -