Editoriale

Studiare all'estero, un 'must' per i ricercatori

Nella carriera di un ricercatore i periodi di studio e le esperienze professionali all'estero costituiscono una tappa fondamentale e imprescindibile della formazione. La comunità scientifica è infatti una sola, internazionale e ogni scienziato vi si deve confrontare, deve sentirsene membro. Il ritorno, in termini di conoscenza, è sempre assicurato. Per questo, da Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, ho intenzione di promuovere ogni possibile occasione che consenta ai nostri ricercatori di coll
di Francesco Profumo

Il presidente del Cnr, Francesco Profumo, sottolinea l'importanza delle esperienze all'estero, come quella vissuta da cinque studentesse del Dipartimento scienze della vita, che quest'estate hanno lavorato presso la Harvard Medical School di Boston. Un periodo di formazione giudicato in modo estremamente positivo, anche dai laboratori ospiti

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In queste settimane ho però potuto constatare quanto sia già vitale, in tal senso, la comunità scientifica Cnr. Soprattutto quella dei giovani. Quest'estate, per esempio, cinque studentesse universitarie, collegate a gruppi di ricerca del Dipartimento di scienze della vita, hanno studiato per 8-10 settimane nei laboratori della Harvard Medical School di Boston e di un altro centro di ricerca a esso collegato. Un'occasione importante, resa possibile dall'accordo che il Dipartimento ha siglato con la Fondazio

Nella carriera di un ricercatore i periodi di studio e le esperienze professionali all'estero costituiscono una tappa fondamentale e imprescindibile della formazione. La comunità scientifica è infatti una sola, internazionale e ogni scienziato vi si deve confrontare, deve sentirsene membro. Il ritorno, in termini di conoscenza, è sempre assicurato. Per questo, da Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, ho intenzione di promuovere ogni possibile occasione che consenta ai nostri ricercatori di collaborare con università, enti, centri e infrastrutture di ricerca di altri paesi. Sono convinto che si tratti di un proficuo investimento sulle persone e per l'Ente, oltre che per il nostro Paese.

In queste settimane ho però potuto constatare quanto sia già vitale, in tal senso, la comunità scientifica Cnr. Soprattutto quella dei giovani. Quest'estate, per esempio, cinque studentesse universitarie, collegate a gruppi di ricerca del Dipartimento di scienze della vita, hanno studiato per 8-10 settimane nei laboratori della Harvard Medical School di Boston e di un altro centro di ricerca a esso collegato. Un'occasione importante, resa possibile dall'accordo che il Dipartimento ha siglato con la Fondazione Armenise, in convenzione con l'Università di Harvard, grazie a cui ogni anno gli studenti universitari più meritevoli possono beneficiare di uno stage estivo presso i più prestigiosi centri di ricerca statunitensi.

Altrettanto importante è stato il contributo della Fondazione Antonio Ruberti, che ha sovvenzionato in parte il soggiorno. I partenariati internazionali sono lo strumento più efficace che abbiamo per promuovere la ricerca e produrre innovazione, premiare il merito e modernizzare il sistema. Le studentesse ora sono pronte a condividere ciò che hanno imparato con i loro colleghi. Valeria Bevilacqua ha studiato i meccanismi molecolari alla base dei processi differenziativi delle popolazioni cellulari nel sistema nervoso; Francesca Cianfanelli ha lavorato su una proteina della divisione del batterio Escherichia coli; Antonella Cinquino ha invece studiato la funzione della famiglia genica di cc2d1a nella patogenesi della disabilità intellettiva non sindromica (Nsid), contraddistinta da deficit cognitivi senza la presenza di difetti fisici o neurologici. Flavia De Santis si è occupata della produzione e caratterizzazione di nanoparticelle polimeriche per veicolare una proteina da utilizzare nella terapia contro l'aterosclerosi, mentre Stefania Di Costanzo ha imparato a riprogrammare fibroblasti umani prelevati da pazienti affetti da Sla, ottenendo linee di cellule staminali pluripotenti indotte che possono essere usate per testare farmaci.

Alle cinque si aggiunge il giovani Ivano Legnini, che ha ottenuto il sostegno per lo stage direttamente da Harvard, dove ha lavorato su nuovissimi e rivoluzionari modelli sperimentali riguardanti la regolazione del funzionamento dei geni mediante molecole di Rna. "Quest'esperienza - racconta Stefania Di Costanzo - mi ha cambiato la vita e le prospettive. Prima di andare ad Harvard non avevo idea di cosa significasse fare un dottorato, e non pensavo neppure di andare negli Usa. Ora non vedo l'ora di tornarci. Anche perché il capo del laboratorio in cui ho lavorato me l'ha chiesto esplicitamente".

La studentessa racconta di un "laboratorio sempre aperto, anche di notte, di un clima rilassato, di tecnologie e materiali a disposizione e di un sistema che semplifica il lavoro e consente al ricercatore di pensare solo al suo lavoro". Analoghe le impressioni di Francesca Romana Cianfanelli: "Ho imparato tantissimo. Sono stata accolta nel migliore dei modi e con una apertura di credito e fiducia ampissime", ricorda. "Mi chiedevano: tu cosa faresti? Volevano che il ricercatore, e anche lo studente, proponesse idee ed eventuali soluzioni. Un'esperienza che consiglio a chiunque".

Alla luce di questi riscontri, mi auguro che all'interno del Cnr si moltiplichino le occasioni per consentire ai giovani laureandi, e ai nostri laboratori, queste brillanti opportunità di crescita.