Le celebrazioni del 150esimo dell'unità d'Italia sono un'occasione per riflettere anche sull'evoluzione scientifica che il nostro Paese ha conosciuto in questo secolo e mezzo. Un modo per farlo è quello che abbiamo usato nel Focus monografico di questo numero dell'Almanacco della Scienza, chiedendo ad alcuni ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche di indicarci i personaggi e gli eventi più importanti, a loro avviso, di questo periodo nelle loro discipline di afferenza.
Una scelta ovviamente con margini di soggettività ma indicativa che si traduce in una galleria di personaggi imponenti. Fermi e ben altri quattro premi Nobel quali maggiori esponenti della fisica italiana, soprattutto per lo studio delle particelle; Volterra, Picone e Magenes nella matematica; tra i chimici in primis Natta per l''invenzione' della plastica; il Cnr, l'Università di Pisa e Adriano Olivetti per la Cep, il primo computer progettato e costruito in Italia; il Progetto Genoma che grazie a Renato Dulbecco ha visto l'Italia primeggiare nello studio e nel sequenziamento del Dna. Per la salute, emerge la dieta mediterranea quale coprotagonista di un processo che ha portato gli italiani a una longevità record, mentre in climatologia abbiamo analizzato l'andamento di temperatura (in aumento) e piovosità (stabile) nel corso di questo periodo.
Le ricerche e le scoperte italiane di questi ultimi 150 anni, però, meritano senz'altro più di un numero e difatti torneremo sul tema nell'arco di quest'anno, anche per focalizzare un aspetto che già in questo Almanacco emerge con chiarezza e che potremmo chiamare 'le occasioni perdute'. L'Italia si caratterizza per intuizioni straordinarie, spesso anticipatorie, ma che non sempre vengono adeguatamente sfruttate in patria, a causa di un complesso di circostanze tra cui predomina l'insufficiente considerazione per il ruolo che la ricerca può svolgere nello sviluppo socio-economico, oltre che culturale.
Un concetto spesso ripetuto nei confronti del 'pubblico' ma che riguarda anche le imprese private, come ricorda il presidente del Cnr, Luciano Maiani, in un'intervista riportata in un libro dal titolo indicativo, 'Il miracolo scippato': "Lo Stato investe circa lo 0,6-0,7% del Pil: poco, ma non meno che in altri paesi europei. L'industria investe invece una cifra in proporzione molto più modesta considerando che negli altri paesi il contributo privato è almeno il doppio rispetto a quello dello Stato".
Marco Ferrazzoli