Morire di sport
Capita a volte che nel corso di competizioni sportive nazionali o internazionali si verifichino decessi di atleti anche giovani,apparentemente in forma fisica perfetta. A determinarli, di solito, alterazioni cardiache congenite che sfuggono agli screening cui sono sottoposti gli sportivi professionisti, come spiega Roberto Volpe del Spp-Cnr
È tempo di Olimpiadi, adrenalina e medaglie. L'atmosfera che accompagna i Giochi, come altre importanti competizioni sportive, è sempre gioiosa. Tuttavia in manifestazioni di questo tipo si verificano sui campi di gara decessi che colpiscono gli atleti nel pieno della carriera. “Le morti improvvise di origine cardiovascolare, in un anno, colpiscono una persona adulta su 1.000: nei giovani per fortuna hanno un'incidenza molto minore, colpendo meno di un giovane su 100 mila. L'impatto sull'opinione pubblica è notevole e lo è comprensibilmente ancor di più quando si tratta di campioni a cui i tifosi sono affezionati”, chiarisce Roberto Volpe del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Il problema è che non sempre è sufficiente effettuare una visita di controllo cardiologica con esecuzione di un test da sforzo o di un ecocardiogramma, esami di routine per chi fa sport, volti a svelare minime ma pericolose malformazioni o alterazioni del ritmo cardiaco”.
L'Italia è stato il primo Paese al mondo a istituire lo screening per gli atleti professionisti. Esami rivelatori e ammonitori hanno riguardato numerosi di loro, tra cui Nwankwo Christian Kanu, ex-giocatore nigeriano dell'Inter, la cui malformazione è stata evidenziata dai medici della società milanese ma non da quelli dell'Ajax di Amsterdam, squadra in cui aveva militato per diversi anni. Ad Antonio Cassano un difetto congenito si è manifestato con un minimo attacco ischemico cerebrale a distanza di molti anni del suo esordio calcistico, mentre l'alterazione cardiaca di Domenico Fioravanti, il bicampione olimpico di nuoto (100 e 200 rana) di Sidney 2000, si è rivelata durante la preparazione per l'Olimpiade di Atene 2004. Altre volte, purtroppo, non si è giunti in tempo: restando in Italia, ad esempio, ricordiamo i casi dei calciatori Renato Curi e Piermario Morosini, del cestita Luciano Vendemini, e del pallavolista Vigor Bovolenta.
“La morte improvvisa negli atleti avviene di solito per un'alterazione congenita del ventricolo destro del cuore, la cui parte muscolare va lentamente in atrofia e viene sostituita da tessuto fibroso-cicatrice, perdendo la sua funzione. Altre cause possono essere le alterazioni congenite delle arterie del cuore o le placche aterosclerotiche - dovute a una grave ipercolesterolemia familiare, ma anche a infezioni del miocardio di origine virale - o la rottura di aneurismi cerebrali congeniti”, continua Volpe. “Talvolta, vi è il dubbio che possa entrare in gioco anche l'uso di sostanze dopanti (ad esempio, la cocaina e i derivati delle anfetamine), che possono provocare, tra gli effetti collaterali, gravi aritmie cardiache”.
Non è quindi la pratica dello sport a provocare disturbi cardiaci e decessi ma la predisposizione. Numerosi studi hanno, anzi, dimostrato il ruolo protettivo dell'attività fisica nei confronti delle malattie cardiovascolari. Si può allora approfittare dell'estate, un periodo dell'anno in cui si ha più tempo libero, per svolgere un po' di attività fisica, seguendo però i consigli dell'esperto, specie se si è poco allenati: “Oltre a ricordare che la moderazione è sempre una buona filosofia di vita, è bene evitare di allenarsi nelle ore più calde della giornata in cui si suda abbondantemente, con conseguente disidratazione e perdita di sali minerali, elementi essenziali per il buon funzionamento del cuore. È essenziale poi idratarsi prima, durante e dopo l'attività fisica, bevendo liquidi, preferibilmente acqua con un buon contenuto in sali minerali (sodio, potassio), ma anche tè, latte, yogurt da bere, frullati o succhi di frutta”, suggerisce il ricercatore del Spp-Cnr. “L'alta umidità, impedendo una regolare sudorazione durante l'attività fisica, può predisporre al cosiddetto colpo di calore, caratterizzato da un rapido aumento della temperatura corporea (fino a 40° C) con cute arrossata, calda, mal di testa, nausea, vertigini, stato confusionale fino al coma, e gravi aritmie. Pertanto, bisogna indossare sempre un cappellino e bagnarsi frequentemente con acqua fresca in modo da abbassare la temperatura corporea”.
Fonte: Roberto Volpe, Servizio prevenzione e protezione del Cnr, tel. 06/49937630 , email roberto.volpe@cnr.it -