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In un battito di ciglia la differenza

occhi
di Rosanna Dassisti

Un elettroencefalogramma di routine, sottoposto a una specifica analisi digitale che mette in evidenza i cambiamenti delle oscillazioni cerebrali collegati al movimento spontaneo delle palpebre, è in grado di rilevare il diverso livello di funzionamento cerebrale dei soggetti in stato vegetativo rispetto a quelli in stato di minima coscienza. Il nuovo studio 'made in Pisa' è pubblicato sulla rivista 'Plos One

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Il battito spontaneo delle palpebre può dare indicazioni sull’attività del cervello, informazioni particolarmente utili nei casi di pazienti in stato vegetativo. È quanto emerge da una ricerca italiana pubblicata sulla rivista 'Plos One’. Lo studio - condotto da Luca Bonfiglio e da Maria Chiara Carboncini dell'azienda ospedaliera universitaria di Pisa, in collaborazione con la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa – dimostra che è possibile rilevare tale collegamento per mezzo di un'analisi digitale applicata all'elettroencefalogramma.

La tecnica può essere utilizzata per distinguere il diverso livello di funzionamento cerebrale tra persone in stato vegetativo e in stato di minima coscienza. La nuova analisi rappresenta uno strumento diagnostico prezioso in considerazione dei limitati costi di gestione, dell'ampia diffusione di apparecchi di registrazione nelle strutture dedicate a questi pazienti della possibilità di rilevazioni seriali in grado di intercettare precocemente fenomeni di 'risveglio’.

Attualmente, la diagnosi che decide se una persona è in stato vegetativo o in stato di minima coscienza è basata prevalentemente sull’osservazione clinica del paziente, con un rischio di errore potenziale che arriva al 40% e con “evidenti ripercussioni sia sugli aspetti clinico-terapeutici sia su quelli etici e sociali”, spiegano i ricercatori. È per questo motivo che la comunità scientifica internazionale è alla continua ricerca di biomarker diagnostici capaci di risolvere i casi dubbi.

“La validazione su larga scala e la realizzazione di un software dedicato permetterà di impiegare questa metodica nella routine clinica”, conclude il team

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