Editoriale

Il rischio arcipelago

Dedichiamo l'Almanacco della Scienza alle isole perché sono una parola ricca di sfumature e significati che richiama il mare e le vacanze che cerchiamo faticosamente di recuperare, tra timori e incertezze.
di Marco Ferrazzoli

Dedichiamo l'Almanacco della Scienza alle isole perché sono una parola ricca di sfumature e significati che richiama il mare e le vacanze che cerchiamo faticosamente di recuperare, tra timori e incertezze. Dopo l'isolamento da lockdown si sta giocando una scommessa sanitaria che, tra green pass e vaccini, ci auguriamo riesca a spezzarlo definitivamente. Attenzione però a non formare degli “arcipelaghi” contrapposti tra il mondo scientificamente corretto e quello di scettici, esitanti, negazionisti, complottisti, “no vax” e “no pass”

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Siamo stati isolati a lungo. Abbiamo dovuto e in parte dobbiamo ancora limitare i nostri contatti alla modalità “in remoto” o “a distanza”, usando come ponti le tecnologie informatiche e telematiche. Così oggi cerchiamo in ogni modo di avvicinarci agli altri, desideriamo incontrarci di persona o “in presenza”, come ci siamo abituati a dire. Ma il rischio è quello di formare degli arcipelaghi.

Siamo stati isolati a lungo. Abbiamo dovuto e in parte dobbiamo ancora limitare i nostri contatti alla modalità “in remoto” o “a distanza”, usando come ponti le tecnologie informatiche e telematiche. Così oggi cerchiamo in ogni modo di avvicinarci agli altri, desideriamo incontrarci di persona o “in presenza”, come ci siamo abituati a dire. Ma il rischio è quello di formare degli arcipelaghi.

Abbiamo scelto di dedicare questo Almanacco della Scienza alle isole perché sono una parola-chiave ricca di sfumature e significati, che troverete declinati nei vari articoli. E poi perché si tratta di un tema legato al mare, quindi alle vacanze che quest'anno tentiamo faticosamente di recuperare, tra molti timori e incertezze. Ma il tema dell'isolamento richiama ovviamente la pandemia, il lockdown, la solitudine e il distanziamento di cui abbiamo molto sofferto, stiamo in parte soffrendo tuttora e di cui, soprattutto, temiamo di tornare a soffrire in futuro. La posta in gioco nella scommessa sanitaria di questo periodo, tra green pass e campagna vaccinale, è questa: spezzare l'isolamento che, come una maledizione, condiziona le nostre esistenze. Tutto ciò a cui chiediamo di tornare, dalla didattica tradizionale alla ripresa delle attività economico-produttive, rientra in questo scenario.

Ma dobbiamo fare attenzione al rischio arcipelago. Per incontrare gli altri bisogna, in senso metaforico, nuotare: un'attività piacevole ma faticosa e rischiosa. “Navigare necesse”, dicevano gli antichi. Mettersi per mare e raggiungere gli altri, lasciando la propria sponda, vuol dire abbandonare le certezze che ci siamo costruiti con i nostri soliloqui, implica uno sforzo temerario, affrontare il rischio di affondare, annegare, raggiungere una riva popolata da persone diverse, con idee differenti dalle nostre. Altrimenti, se ci si limita alle isole adiacenti, dove gli abitanti sono più vicini a noi, potremo formare soltanto delle aggregazioni ridotte, delle costellazioni di simili contrapposte tra di loro. Che è quanto, purtroppo, sembra stia accadendo.

Il mondo scientificamente corretto formato dai ricercatori, dalle istituzioni, da noi divulgatori, afferma principi scontati: la libertà individuale di non vaccinarsi o non osservare le misure di cautela decade nel momento in cui mette a repentaglio la sicurezza generale, pertanto è giusto e soprattutto necessario subordinare i diritti individuali e le libertà al rispetto di comportamenti corretti. Troppo spesso però professiamo queste verità, in apparenza semplici e oggettive, con una supponenza forse involontaria ma non per questo meno fastidiosa per chi non la pensa così. Troppo spesso si sentono gli assertori delle misure di emergenza parlare (senza fare distinzioni precise) di scettici, esitanti, perplessi, negazionisti, complottisti, “no vax” e “no pass” con disprezzo, come se si trattasse di esseri inferiori, incapaci di intendere. È il cosiddetto “deficit model” e presume che basti affermare una verità perché questa sia accettata, che l'unico ostacolo da superare sia l'ignoranza.

Dall'altra parte c'è un mondo segnato da un'arroganza ancor più ingiustificata, che cerca e fornisce risposte semplicistiche, preconcette, animato da una sorta di pensiero magico che rifiuta qualunque confronto con la realtà, accampando dietrologie confuse che riducono la pandemia a un'influenza. E che rimanda gli errori della gestione e della comunicazione di Covid-19, rimproverati con più di qualche ragione, a oscuri quanto assurdi intenti di limitazione delle libertà democratiche. Questo arcipelago è minoritario ma dobbiamo raggiungerlo, altrimenti le distanze si faranno più ampie e il mare di incomprensione che ci separa sarà sempre più agitato. L'obbligo, per esempio, è un'arma a doppio taglio che rischia di esacerbare coloro che rifiutano una regola.

Detto ciò, se ci fosse una soluzione pronta e rapida l'avremmo già adottata. Il percorso per traghettarci sulla sponda opposta è ignoto, bisogna procedere per “tentativi ed errori”, come dicono i ricercatori. Il ponte per passare da un'isola all'altra è tutto da costruire, sta alla nostra ragionevolezza trovare il modo. Ma chi più sa, più conosce, più ha studiato ha anche più doveri di avvicinarsi agli altri, di comprendere e farsi comprendere, di convincere senza costringere. Facciamo davvero attenzione, perché l'isolamento ci ha affratellato fin tanto che è stato imposto dal virus, mentre questa contrapposizione rischia di creare burrascosi mari di ostilità. Che sono virus forse persino più pericolosi di Sars-Cov-2.