Editoriale

Napoleone, ambiguo gigante

Nell'ingenua, elementare e scolastica storiografia dei baby boomer, Napoleone occupava uno dei tre posti sul podio dell'immortalità, assieme a Giulio Cesare e Carlo Magno.
di Marco Ferrazzoli

Duecento anni fa moriva uno dei più grandi personaggi della storia, gli dedichiamo questo numero dell'Almanacco della Scienza per riflettere su molti aspetti, in primis la difficoltà di giudicare personaggi così distanti nel tempo, poi l'ambiguità politica del "bonapartismo" e il legame tra visione imperiale e archivistica. Ma anche altri temi che vanno dall'egittologia al cibo in scatola, dal legame con le isole ai disturbi di stomaco

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 E poi la valutazione della grandezza di un personaggio, di una costruzione politico-istituzionale o di periodo è molto condizionata da valutazioni e simpatie soggettive, il che rende spesso problematica l'attribuzione agli studi storici di una patente di assoluta, affidabile scientificità.

Nell'ingenua, elementare e scolastica storiografia dei baby boomer, Napoleone occupava uno dei tre posti sul podio dell'immortalità, assieme a Giulio Cesare e Carlo Magno. Con buona pace dell'altro Magno, Alessandro, nonché di Carlo V d'Asburgo e del suo regno su cui “non tramonta mai il sole”, di Gengis e Kublai Khan, di 623 anni di impero ottomano, delle infinite successioni di quello cinese, di quelli russo e spagnolo in epoca moderna, del subcontinente indiano, delle civiltà precolombiane, del Commonwealth, del soft power statunitense, degli insospettabili domini commerciali olandesi… La difficoltà e l'inutilità del tentativo di stilare una graduatoria di questo tipo sono dovute a un problema di tassonomia, oltre che di misura: una nozione univoca di impero non esiste. E poi la valutazione della grandezza di un personaggio, di una costruzione politico-istituzionale o di periodo è molto condizionata da valutazioni e simpatie soggettive, il che rende spesso problematica l'attribuzione agli studi storici di una patente di assoluta, affidabile scientificità.

Noi, per esempio, tendevamo a parteggiare per i romani, ma anche per gli yankee che ammiravamo nel cinema western, dove però di lì a poco avrebbero fatto ingresso pellicole più politicamente e storicamente corrette: da “Un uomo chiamato cavallo” a “Il piccolo grande uomo”, fino a “Balla coi lupi”. Volgendo la testa all'indietro, insomma, eravamo vittime di una distorsione occidentalista, eurocentrica e nazionalista, così come nel guardare mappamondi e atlanti non avevamo consapevolezza di quella operata dalle proiezioni di Mercatore. Napoleone, comunque, nei decenni successivi sarebbe stato oggetto di un interesse altalenante per l'immaginario collettivo nazional-popolare, nonostante la cospicua presenza cinematografica (pare si tratti del secondo argomento storico più trattato dopo la seconda guerra mondiale) nella quale consigliamo di non perdere l'ironico “N - Io e Napoleone” di Paolo Virzì con Daniel Auteuil, Monica Bellucci, Elio Germano, Francesca Inaudi e Valerio Mastandrea.

Con il tempo sarebbe insorta anche una distorsione diversa e opposta alla nostra, quella della “cancel culture”, cioè della presunzione di giudicare a distanza di secoli e di migliaia di chilometri mediante i metri della contemporaneità, talvolta con eccessi a rischio del ridicolo come l'accusa di razzismo a Mozart (il tema è stato sollevato all'università di Oxford). Di questo argomento parliamo in uno degli articoli del Focus monografico di questo Almanacco della Scienza, che esce proprio nel bicentenario della morte di Bonaparte: una data rimasta celebre, almeno per quanto riguarda noi italiani, soprattutto grazie al memorabile incipit dell'ode manzoniana. Nel Focus, però, si parla anche di molto altro, poiché tante sono le ragioni scientifiche che rendono interessante e importante occuparsi dell'anniversario napoleonico: dall'egittologia al cibo in scatola, dal legame quasi fatale con le isole (nato in Corsica, esiliato all'Elba, morto a Sant'Elena) ai problemi di stomaco che lo uccisero.

Napoleone torna poi nelle altre rubriche: recensioni, video e intervista. E sempre nel Focus troverete tra gli altri un articolo sulla passione per gli archivi, strettamente legata alla dimensione imperiale e che però non ci ha abbandonato, nemmeno da quando questa forma politico-istituzionale è almeno formalmente scomparsa. Si pensi a Jorge Luis Borges e a due suoi scritti emblematici come “La biblioteca di Babele” e la “mappa dell'impero”, rispettivamente dedicati ai sogni impossibili di una raccolta infinita di libri e di una cartografia in scala 1:1 (alle mappe come strumento di controllo della realtà abbiamo di recente dedicato un numero del nostro magazine). E pensiamo anche agli sforzi dei fisici per arrivare a una “teoria del tutto” o alle reti digitali in cui cerchiamo di racchiudere l'intera realtà: ultimo casus belli di questo neo-imperialismo immateriale, lo scontro tra Spotify e Apple sul business della musica on line.

L'ambiguità politica di Napoleone, infine, ci è utile per riflettere sulla difficoltà di definire con chiarezza concetti quali rivoluzione e reazione, libertà e repressione, dittatura e democrazia, di cui parliamo nel nostro Faccia a faccia con Corrado Augias. L'autoritarismo e il totalitarismo, frequentemente e insidiosamente, si nascondono in regimi ibridi e non a caso si è coniata proprio l'espressione di bonapartismo per definire alcune di queste forme di governo, che nella storia recente hanno trovato numerose applicazioni. Di quanto l'esercizio del potere possa essere controverso, peraltro, la Francia in particolare continua a darci prova. Significativi esempi in tal senso le recenti notizie dell'arresto di alcuni brigatisti rossi riparati Oltralpe grazie alla cosiddetta “dottrina Mitterrand” e della chiusura dell'Ena, la Scuola nazionale d'amministrazione in cui si sono formati qualificati dirigenti pubblici, la cui indipendenza dal consenso e dal controllo elettorale li ha però anche resi invisi come “casta”.  

Il generale Bonaparte riposa all'Hôtel national des Invalides all'interno di ben sette bare, che ne chiudono le spoglie come scatole cinesi, a esorcizzare forse il timore che possa uscirne: l'ultima è un monumentale sarcofago rosso. Lì è però conservato il suo corpo, sul quale tanto si è favoleggiato, per esempio ritenendolo basso di statura quando invece aveva un'altezza discreta per l'epoca, che solo non risaltava quando si presentava tra gli imponenti membri della Guardia imperiale. Ma sulla sua grandezza storica non ci sono dubbi: è stata tale che ancora oggi, a duecento anni, dobbiamo prendergli le misure.