La facciata di San Pietro, utilizzata l'8 dicembre scorso come scenario per proiettare immagini legate ai cambiamenti climatici e ai problemi ambientali del pianeta, potrebbe essere eletta come icona dell'anno legata alla ricerca scientifica. L'installazione 'Fiat Lux' ha sollevato molti consensi e, inevitabilmente, qualche polemica da parte di chi l'ha reputata blasfema o quanto meno inopportuna rispetto ad altre possibili tematiche, in particolare la povertà e la guerra in Africa dove il Papa ha voluto inaugurare l'Anno santo. Proprio la decisione di destinare all'ambiente la maggiore basilica della cristianità nell'inizio del Giubileo conferma però, dopo l'enciclica 'Laudato sì' di Papa Francesco, quale sia il livello di attenzione su questo tema: non a caso il ministro francese Segoléne Royal, a margine della conferenza sul clima Cop21 svoltasi a Parigi, ha riferito che anche Barack Obama è stato spinto al suo impegno 'ecologico' dalla convinzione “di avere dalla sua parte l'opinione pubblica”.
Come si è raggiunto questo livello di consenso pubblico? I temi del clima e dell'ambiente puntano soprattutto su una comunicazione molto forte, quella che in gergo giornalistico definiremmo 'strillata'. Citiamo casualmente da alcuni dei moltissimi titoli usciti di recente: “Così il mare inonderà l'Italia”, “Dove la natura rischia di sparire”, “Fermare il deserto”, “Ultima chiamata per i gas serra”, “Se parliamo di clima parliamo di guerra”… Un tono 'catastrofista' che risponde a dati di realtà - quali i record raggiunti dallo smog a Pechino, dalle temperature nell'ultimo anno e dalle vittime per inquinamento in Italia tra i paesi europei - ma che potrebbe anche indurre effetti indesiderati quanto pericolosi.
Pensiamo a quanto accaduto con le vaccinazioni, presidio sanitario fondamentale per il miglioramento e l'allungamento della vita, eppure messo sempre sotto accusa: con la sciagurata propalazione di autentiche bufale e però anche con la complicità involontaria di alcuni allarmismi eccessivi. “Siamo di fronte a una paura irrazionale dei vaccini”, se “reagiamo aggiungendone altri, rischiamo che ai bambini non ne venga fatto nessuno”, ha ammonito il direttore dell'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) Luca Pani: “C'è un problema di trasparenza, dobbiamo stare più attenti alla comunicazione”. Concorda in un articolo sulla Lettura del Corriere della Sera Pierluigi Battista, che suggerisce di diffidare da espressioni come “bomba d'acqua” ed “emergenza”, ormai inflazionate sui media.
È un po' il principio della vecchia storiella “Al lupo, al lupo”. Detto ciò, bisogna riconoscere che il compito affidato ai ricercatori e anche ai comunicatori non è affatto semplice. Si chiede loro di interessare alla scienza il grande pubblico evitando sia le esagerazioni apocalittiche sia quelle, opposte, che rischiano di illudere l'opinione pubblica dischiudendo un'immediata applicazione pratica in ogni avanzamento di conoscenza. Devono salvaguardare la libertà alla base del metodo scientifico senza far apparire il confronto tra le varie ipotesi come una polemica 'ideologica'. Proprio sul clima, nei giorni scorsi, si è acceso un vivace dibattito tra la stragrande maggioranza degli esperti, convinti del ruolo antropico nei cambiamenti globali, e la parte che chiede più prudenza, nella quale si è inserita la Società italiana di fisica. Al grande pubblico, la questione è stata presentata come uno scontro tra “accusa” e “replica”, condotto a colpi di termini come “irresponsabile”: proviamo sommessamente a suggerire che, su temi strategici e delicati come salute e ambiente, si faccia particolare attenzione a contemperare l'efficacia mediatica e l'accortezza, sia nei contenuti sia nei termini.