Focus: Freddo

Salvare libri alluvionati, congelandoli

Alluvione della biblioteca di Faenza
di Maurizio Gentilini

Per salvaguardare libri e materiale d’archivio che hanno subito danni provocati dall’acqua e dal fango a seguito di fenomeni alluvionali si ricorre al crioessiccamento, una tecnica che prevede il congelamento dei materiali da trattare, l’evaporazione dell’acqua congelata e l'allontanamento del vapore prodotto durante il processo. Per capire meglio come funziona abbiamo chiesto a Mauro Missori dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr di illustrarla

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In occasione di recenti fenomeni alluvionali - a partire da quelli occorsi in Emilia-Romagna nel 2023 -, con l’interessamento di importanti istituzioni culturali che conservano grandi patrimoni librari e documentari, si è potuto assistere all’impiego della tecnica della liofilizzazione o crioessiccamento, per salvaguardare il materiale archivistico e librario dai danni dell’acqua e del fango. Il crioessiccamento si effettua in un ambiente sottovuoto e si sviluppa in tre fasi: il congelamento dei materiali da trattare, la sublimazione (evaporazione) dell’acqua congelata e l'allontanamento del vapore prodotto durante il processo. Si tratta di un intervento finalizzato ad asciugare la carta, il supporto materiale che costituisce i libri, e sul quale è rappresentato il contenuto dei documenti d’archivio. Un supporto fortemente igroscopico, che assorbe acqua subendo deformazioni e, nel caso dei volumi rilegati, rigonfiamenti che possono arrivare all’80% dell’originale. Nel caso dei libri, soprattutto quelli antichi, si ha la coesistenza di molti materiali che reagiscono in maniera diversa all’acqua, per esempio legno, pelle, inchiostri a base ferrosa, pigmenti.

Dell’argomento parliamo con Mauro Missori, ricercatore dell’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnr, fisico della materia con molta esperienza in tema di restauro del patrimonio culturale, anche in collaborazione con le strutture del Ministero della cultura. “Un libro bagnato è esposto ai danni dell'acqua che determina processi degradativi di natura fisico-chimica, una fragilità dal punto di vista meccanico, ma soprattutto è un fattore critico per lo sviluppo dei microrganismi”, sottolinea il ricercatore.

La rapidità nella reazione dunque è importante, specie se si considera che l'acqua che ha imbevuto i materiali, associata a un clima con temperature che tendono a salire, può causare uno sviluppo di agenti microbiologici in tempi molto veloci. “Progetti di recupero che prevedano l’asciugatura attraverso il freddo sono comunque molto delicati, in quanto possono provocare ulteriori danni ai supporti. Anche in situazioni di emergenza - come le alluvioni - è necessaria una attenta pianificazione, attraverso personale adeguatamente formato, che deve provvedere a una prima selezione del materiale bagnato, dividendolo per tipologia dei supporti”, aggiunge Missori.

Libri

Le soluzioni alternative al raffreddamento sono l’asciugatura in aria, giustapponendo fogli di carta assorbente a quelli bagnati; oppure procedere con la tecnica del sottovuoto, che favorisce l’evaporazione dell’acqua. Il crioessicamento prevede di collocare i materiali bagnati in sacchetti di plastica e depositarli in cella frigorifera. “Il congelamento a 30° sottozero ferma i processi di alterazione biologica, in particolare la formazione delle muffe, stabilizza inchiostri e coloranti solubili ed evita l'adesione dei fogli”, continua l’esperto. “Questo garantisce una conservazione dei materiali danneggiati, fino alla messa in atto di ulteriori interventi di recupero che permettano la conservazione e la fruizione dei beni in condizioni normali. Interventi che implicano scelte critiche, pianificazione e investimenti, a volte frammentati e dilatati nel tempo”.

La fase successiva al congelamento consiste nella liofilizzazione, tecnica tradizionalmente usata in ambito alimentare e farmaceutico, come spiega Missori: “Il materiale cartaceo congelato viene collocato in una camera da vuoto su piastre metalliche riscaldabili. Successivamente, la pressione atmosferica viene ridotta fino a valori dell’ordine del millibar tramite pompe da vuoto. La sublimazione si verifica riscaldando le piastre metalliche fra 15° e 45°, in modo da fornire al materiale l’energia termica necessaria, equivalente al calore latente di sublimazione. In tale processo, il ghiaccio passa direttamente dallo stato solido a quello gassoso (sublimazione) e il vapore acqueo viene rimosso dalle pompe. In questo modo, la carta si asciuga”.

Un procedimento che offre notevoli garanzie di conservazione per un materiale come la carta, soprattutto quella più antica, prodotta attraverso il recupero di fibre tessili vegetali, che si è rivelata molto resiliente e resistente al freddo. Non immune, comunque, da possibili danni dovuti alla formazione di cristalli di ghiaccio che possono intaccare le fibre. Per la stessa ragione si è rivelata una tecnica da usare con cautela per il trattamento di materiale membranaceo di origine animale (come le pergamene e le pelli), che subisce alterazioni strutturali quando è bagnato e danni maggiori rispetto alla carta durante il processo di essiccazione.

Per ridurre l'aumento di volume dei cristalli di ghiaccio, è preferibile congelare a basse temperature, intorno ai 30° sottozero, poiché ciò favorisce la formazione di cristalli di ghiaccio più piccoli. Al contrario, un congelamento più lento produce cristalli più grandi, a forma di ago, che possono danneggiare le fibre. Pertanto, nel caso dei libri, per evitare infragilimento e distorsione dimensionale nella lettura dei testi, è preferibile effettuare un congelamento estremamente rapido.

Ricapitolando, il crioessicamento prevede la riduzione della temperatura al fine di indurre la cristallizzazione del solvente (l’acqua). L’essiccamento prevede la riduzione della pressione al fine di indurre la sublimazione dell’acqua precedentemente cristallizzata. L’ultima fase serve ad allontanare l’umidità residua sviluppatasi durante la sublimazione.

Molto tempo è passato dall’epopea degli “angeli del fango”, giovani volontari che affluirono a Firenze dopo l’alluvione del 1966 nel tentativo di salvare i fondi librari e archivistici sommersi dall’esondazione dell’Arno. Un’epopea che portò a rivoluzionare gli approcci, la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche dedicate al restauro dei supporti cartacei, inaugurando anche l’attività del Cnr in questo campo. Un settore di ricerca che propone sempre nuove sfide, alcune indirettamente connesse al mutare dei fenomeni atmosferici e ai cambiamenti climatici

Fonte: Mauro Missori, Istituto dei sistemi complessi, mauro.missori@cnr.it

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