Vertigini: cause e sintomi
A spiegarli è Fabiana Novellino, ricercatrice dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr, che illustra le varie tipologie di questo disturbo e quale patologia può provocarlo
Per “vertigine” si intende un disturbo caratterizzato da una spiacevole e illusoria sensazione di movimento, che può essere percepito come un senso di rotazione o anche di ribaltamento di sé stessi o dello spazio circostante. “Le vertigini derivano da un'alterata elaborazione delle informazioni che riguardano il nostro schema corporeo in rapporto all'ambiente circostante; questo può verificarsi per un disturbo che ha sede a livello dei recettori periferici (dove vengono raccolte le informazioni sensoriali dalla periferia del nostro corpo, come il labirinto, un organo dell'orecchio interno) o per una erronea interpretazione di tali informazioni a livello del sistema nervoso centrale, o entrambe le condizioni insieme”, spiega Fabiana Novellino, ricercatrice dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare (Ibfm) del Cnr di Germaneto (Cz).
In realtà le vertigini non sono una malattia di per sé, ma un sintomo, che può essere causato da condizioni cliniche molto diverse fra loro. “È un disturbo relativamente frequente nella popolazione che, con diversa gravità in base alla patologia che ne è la causa, può presentarsi in modo differente, sia per quel che riguarda la modalità di insorgenza sia per l'intensità e il protrarsi nel tempo”, prosegue Novellino. “Le vertigini possono essere un sintomo legato a patologie otorinolaringoiatriche - dalla vertigine posizionale benigna alla labirintite, alla malattia di Ménière - oppure espressione di patologie neurologiche – malattie cerebro-vascolari, traumi cranio-cervicali, cefalea - o ancora un effetto collaterale di alcuni farmaci. In genere, si accompagnano ad altri sintomi, frequentemente di tipo neurovegetativo (nausea, vomito e tachicardia) e, a seconda della patologia che ne è alla base, a disturbi di tipo otologico (ipoacusia, acufeni) e di tipo neurologico focale, come diplopia, disequilibrio o cefalea”.
Altra cosa è il termine vertigine nell'accezione popolare, in cui indica una generica difficoltà nel sostare ad altezze più o meno elevate. “In realtà, questo tipo di disturbo non è una vera vertigine, ma una paura delle altezze e dei luoghi elevati, che spesso si accompagna a sintomi fisici come tachicardia, tremore, capogiro, ed è riconducibile alla sfera ansiosa”, specifica la ricercatrice. “Entro certi limiti, è una sensazione che funge da campanello di allarme e ha l'utilità fisiologica di individuare un potenziale pericolo, portandoci a evitare situazioni in cui possiamo correre il rischio di cadere nel vuoto. Quando però questo timore diventa eccessivo, al punto tale da creare forte sofferenza e disagio, si può parlare di una vera e propria fobia, che viene in questo caso definita “acrofobia”, conclude Novellino.
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