Vita di mare: Freddo

Tattiche per sopravvivere nelle acque gelide

Oceano Artico
di Ester Cecere

Numerose specie marine che vivono negli oceani Artico e Antartico, ma anche nelle profondità abissali, hanno trovato il modo di adattarsi a questi ambienti ostili; le lontre marine, ad esempio, trattengono il calore grazie a una densa pelliccia, i cetacei, invece, hanno sviluppato uno strato di grasso sottocutaneo che agisce da isolante termico. Ce ne parla Ester Cecere dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr

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Il fotografo del National Geographic, Laurent Ballesta, autore di un reportage in immersione al largo della costa di Adelia, nell'Antartide orientale, ebbe a dire: “Le immersioni di cinque ore nell'acqua a -1,6°C sono insopportabilmente dolorose”, pur essendo dotati di mute stagne, senza le quali si morirebbe in soli 10 minuti. Infatti, una muta stagna ha la particolarità di permettere al subacqueo di rimanere asciutto durante l'immersione.

L’Antartide è un continente particolarmente ostile, dove le temperature medie oscillano tra i -20°C e i -35°C durante l’estate, mentre in inverno possono scendere fino a -60°C. In Artico (il bacino dell’Oceano Artico comprende le aree settentrionali di Scandinavia, Russia, Canada, Groenlandia, e lo stato americano dell’Alaska), le condizioni climatiche sono meno rigide del Polo Sud; tuttavia, gli inverni sono sempre lunghi e freddi, con temperature al di sotto di -58°C in alcune zone, e le estati sono brevi e fresche, con temperature che oscillano dai -10 ai 10°C. Anche le temperature nell’Oceano Artico si aggirano intorno ai -2°C per tutto l’anno. 

Eppure entrambi sono popolati da numerose specie marine che hanno trovato un modo per adattarsi a questi ambienti ostili. In Antartide, tra le specie più comuni ricordiamo soprattutto pinguini, focene, balene, foche. E dell’Artico conosciamo ovviamente gli orsi polari, una grande varietà di cetacei (tra i quali i caratteristici narvali), molte specie di uccelli marini, foche, leoni marini e trichechi e, tra i pesci, soprattutto il merluzzo e il salmone.

Questi animali si sono evoluti nel corso dei secoli per sopravvivere alle temperature gelide, sviluppando una serie di strategie uniche, frutto di un processo di perfezionamento durato milioni di anni. Dal grasso spesso dei cetacei alla pelliccia delle lontre e alle proteine antigelo dei pesci polari, ogni specie ha sviluppato adattamenti unici per resistere al freddo.

Prima di continuare, è importante sapere che la temperatura corporea è fondamentale nel benessere di un animale, essa infatti deve essere mantenuta entro certi limiti affinché l’organismo possa funzionare correttamente. Gli animali che sono in grado di regolare la propria temperatura corporea internamente, attraverso le attività metaboliche, sono chiamati endotermi. I mammiferi e la maggior parte degli uccelli rientrano in questa categoria. Al contrario, gli ectotermi, come i pesci e i rettili, dipendono completamente dall’ambiente esterno per la regolazione della propria temperatura corporea. Questa distinzione è fondamentale per comprendere le diverse strategie adottate da questi organismi per sopravvivere in ambienti freddi.

I mammiferi marini sono più soggetti alla dispersione termica, perché l’acqua conduce il calore circa 25 volte più velocemente dell’aria. Questo implica che un organismo possa raffreddarsi rapidamente quando è immerso. Tuttavia, grazie a una serie di meccanismi che limitano la perdita di calore, questi animali riescono a mantenere la loro temperatura corporea tra i 35°C e i 38°C. Le lontre marine, ad esempio, trattengono il calore grazie a una pelliccia estremamente densa, che intrappola uno strato di aria vicino alla pelle. Questa sorta di cuscinetto funge da isolante, proteggendo l’animale dalle acque gelide e mantenendo la pelle asciutta. Altri mammiferi marini, come i cetacei, hanno sostituito la pelliccia con uno strato di grasso sottocutaneo, noto come blubber, che fornisce un ottimo isolamento termico. Durante le immersioni in acque fredde, i vasi sanguigni che ricoprono il blubber si restringono, riducendo la dispersione di calore e permettendo a questi animali di mantenere stabile la temperatura corporea.

Lontra marina

Lontra marina

Gli ectotermi, al contrario, non possono regolarla; pertanto, il congelamento rappresenta per loro una seria minaccia, poiché i cristalli di ghiaccio possono danneggiare le cellule. Per proteggersi da questo rischio, i pesci polari producono speciali proteine antigelo, che circolano nel sangue e nei fluidi corporei. Queste proteine si legano ai piccoli cristalli di ghiaccio, impedendone la crescita e proteggendo così le cellule dai danni causati dal congelamento. In questo modo, le proteine antigelo abbassano il punto di congelamento dei fluidi corporei, garantendo una protezione adeguata nei mari artici e antartici. In pratica, si avvalgono di una sorta di liquido di raffreddamento per motori, noto come “antigelo” o “liquido per radiatore”.
Recentemente, ricercatori del Museo di Storia Naturale di Londra hanno cercato di comprendere gli adattamenti molecolari che consentono alle spugne di vivere a temperature estremamente basse, come quelle antartiche, confrontando i loro genomi con quelli di specie delle regioni temperate e tropicali. In particolare, essi cercavano di capire se specie indipendenti di spugne rispondessero allo stesso modo alle condizioni di freddo estremo o sviluppassero meccanismi completamente diversi per affrontarle. Perché proprio le spugne? Perché sono abbondanti nei mari Antartico, Caraibico e Mediterraneo e svolgono un ruolo essenziale negli ecosistemi bentonici in cui si trovano.

Dopo molte analisi, i ricercatori hanno scoperto che in alcuni degli esemplari geni simili erano andati incontro a un processo di alterazione simile tramite il quale diversi organismi hanno sviluppato, indipendentemente gli uni dagli altri, la stessa caratteristica. Si tratta, quindi, di un processo di “convergenza evolutiva” per il superamento del freddo estremo.

Ma le basse temperature non sono solo una caratteristica dei mari Artico e Antartico, poiché esse interessano anche le profondità abissali. Infatti, tra i 200 e i 600 metri circa, negli oceani si trova il termoclino (strato di transizione tra lo strato rimescolato di superficie e quello di acqua profonda in corpi idrici profondi) che separa gli abissi dal resto del mondo marino. Negli abissi oceanici, le temperature minime si aggirano tra i 2 e i 3°C e solitamente gli organismi che vivono a tali temperature non hanno meccanismi di regolazione termica ma sono strettamente dipendenti alle condizioni ambientali, tanto da rischiare di non sopravvivere.

Ma c’è qualcuno che fa eccezione. Si tratta del pesce spada, i cui individui popolano tutta la colonna d’acqua, superando anche i 500 metri per cacciare. Il pesce spada è dotato, intorno all’occhio, di un muscolo (il retto superiore) che non serve a contrarsi ma genera calore, scaldando i tessuti intorno a sé e mantenendo cervello e vista efficienti anche a temperature molto basse.

Questi eccezionali adattamenti degli organismi marini al freddo, oltre ad essere oggetto di interesse scientifico, ispirano lo sviluppo di nuove tecnologie. Infatti, lo studio della pelliccia dei mammiferi marini, come quella delle lontre, ha suggerito lo sviluppo di sistemi avanzati di isolamento per abbigliamento tecnico, ideali per ambienti umidi e freddi.
Un altro esempio notevole riguarda le proteine antigelo dei pesci polari, le cui potenzialità sono già state indagate per migliorare la qualità degli alimenti surgelati. Queste proteine sono usate anche nella crioconservazione di cellule e tessuti, nella criochirurgia e nella protezione delle colture dal gelo.

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