Dalle boe per una rete osservativa al tracciamento della pesca illegale, fino al monitoraggio del marine litter. L'Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr porta avanti la ricerca marina puntando verso una pesca con strumenti meno impattanti sull'ambiente e rispettosa della biodiversità
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Il direttore Gian Marco Luna, illustra le linee di attività dell'Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim) del Cnr, a cominciare dal coordinamento di un programma di ricerca dedicato allo studio degli stock ittici, che rientra nella politica comune della pesca europea. "Una cordata che mette insieme diversi enti di ricerca e università nazionali e che si occupa di monitorare lo stato delle risorse nei mari italiani".
Attraverso una rete di punti di osservazione fissi, come la Boa di Senigallia, l'istituto monitora i parametri ambientali e trasmette a piattaforme internazionali tra cui Copernicus i dati necessari per formulare una previsione del tempo del mare su scala globale. Da un decennio, poi, studia sul fondo dell'Adriatico, i detriti composti prevalentemente da plastiche. Parte dell'accumulo si deve all'abitudine di commerciare il pesce in porto usando cassette in polistirolo. "Su questo argomento, Cnr-Irbim ha realizzato, col progetto Cisp-Flag, il prototipo di una cassetta in plastica, molto resistente e dotata di un chip che ne permette la tracciabilità e il riutilizzo", sottolinea il direttore.
Un'altra linea fondamentale di attività riguarda la pesca illegale. Raccogliendo grandi dati provenienti da rilevatori satellitari presenti sulle imbarcazioni è possibile il tracciamento preciso di rotte e posizioni. Queste e altre attività di ricerca svolte dal Cnr-Irbim sono fondamentali per tutelare l'ambiente marino, perché permettono di convergere verso una pesca più selettiva, basata sull'utilizzo di strumenti meno impattanti per i fondali e sul rispetto della biodiversità.
