Specie a rischio di estinzione
Sono diverse le specie animali mediterranee in pericolo, come sottolinea Ester Cecere dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr di Taranto. Dalla foca monaca alla nacchera, fino ai coralli bianchi
Sembra incredibile, eppure il Mediterraneo, pur rappresentando soltanto lo 0,32% del volume totale di tutti i mari della Terra, ospita il 7,5% delle specie marine animali e il 18% di quelle vegetali finora conosciute, delle quali il 28% sono endemiche, ossia vivono esclusivamente nel Mare Nostrum, che per questo è considerato una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il Pianeta. Purtroppo, però, molte specie mediterranee sono in pericolo a causa dell'inquinamento, dello sfruttamento irrazionale delle risorse e del cambiamento climatico. Vediamo quali.
Non molti lo sanno, ma anche in Mediterraneo vivono le foche. La foca monaca, il cui nome deriva dal colore del mantello, simile a quello del saio monacale, è una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione. Fino agli anni ’70 del secolo scorso, in Italia era presente in Sardegna, nell’Isola d’Elba e nelle isole Tremiti. E' stata barbaramente uccisa per decenni, persino con la dinamite. Dati il suo basso tasso riproduttivo (un cucciolo ogni due anni dopo il quinto anno di età) e l’altissima mortalità infantile dovuta alla stagione delle nascite (agosto-novembre, quando spesso le grotte, dove nascono i cuccioli, si allagano e le onde trascinano in mare i piccoli, che sono incapaci di nuotare per i primi quattro mesi di vita), la sua sopravvivenza è subordinata a idonee misure di protezione e conservazione. Misure che, nonostante le molteplici minacce, hanno dato buoni risultati: la popolazione è in continuo aumento e nel 2015 l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) ha spostato la specie dalla classe “in pericolo critico” a quella “in pericolo”. Oggi, se ne contano 700 esemplari in tutto il mondo, di cui poco più di 300 nel Mediterraneo. In Italia la foca monaca, la cui vita media è di circa 20-30 anni, è particolarmente protetta ai sensi della legge dell'11 febbraio 1992.
Corallo bianco
Non altrettanto confortanti le notizie che riguardano Pinna nobilis, detto anche Nacchera di mare o Cozza pinna, il più grande bivalve del Mediterraneo, di cui è una specie endemica e iconica. Può raggiungere e superare il metro di lunghezza e i 25 anni d’età. Il suo habitat è rappresentato dalle praterie di Posidonia oceanica. Pinna nobilis nel Mediterraneo è quasi scomparsa, il suo declino è iniziato verso la metà del secolo scorso a causa della riduzione delle praterie di fanerogame marine. Con l’avvento dei programmi di conservazione ambientale e l’istituzione delle Aree marine protette sembrava che la situazione stesse migliorando; a partire dal 2017, però, lungo le coste spagnole è stata osservata una devastante moria, che ha interessato oltre il 99% della popolazione locale. Nel giro di pochi anni, l’evento si è esteso a tutto il Mediterraneo. Causa della moria è un parassita mai osservato prima, che i ricercatori hanno chiamato Haplosporidium pinnae, dove l’epiteto “pinnae” significa “della pinna”. Si tratta di un protozoo in grado di infettare il sistema digestivo degli individui che, non potendosi più alimentare, muoiono. A seguito di tali eventi, l’Iucn ha rivisto lo stato di Pinna nobilis, classificandolo come “estremamente in pericolo”. È necessario monitorare l’andamento dell’epidemia cercando gli individui ancora vivi, che potrebbero avere sviluppato una sorta di resistenza al patogeno.
La Patella ferruginea è un mollusco a forma di cono, che vive insediato sui substrati duri quali scogli, moli, banchine. E' una delle più grandi patelle esistenti, raggiunge anche i 10 cm di diametro, ed è endemica del Mediterraneo. Un tempo era molto diffusa, oggi la sua presenza è limitata al mare di Alboran, alla costa meridionale della Spagna e alla costa settentrionale dell’Africa occidentale, pertanto è considerato l’invertebrato marino più minacciato di estinzione in tutto il Mediterraneo ed è, quindi, una specie protetta da convenzioni internazionali. Il pericolo per la sopravvivenza di questa specie è dovuto alla raccolta indiscriminata per alimentazione, collezionismo e pesca (viene usata come esca). Generalmente, vengono prelevati gli individui più grandi, che spesso sono femmine adulte, sulla cui conchiglia di frequente vivono i piccoli che, quindi, vengono uccisi con la madre. Nell’ambito del progetto Relife, i ricercatori sono riusciti a fare riprodurre alcuni individui in laboratorio e hanno seguito le varie fasi larvali fino a quando la larva si posa sul substrato e “si trasforma”, o meglio metamorfosa, in quella che è la forma detta di giovanile, ovvero di un minuscolo individuo con le fattezze però dell’adulto. Si spera che queste larve, prima di andare incontro alla metamorfosi, sopravvivano alle prime settimane di vita che sono le più delicate. L’obiettivo finale è la reintroduzione degli esemplari riprodotti nelle Aree marine protette coinvolte nel progetto.
Infine, i Coralli bianchi o Coralli di acque fredde. Con questo termine generico ci si riferisce a un insieme di specie formato da coralli duri e gorgonie di aspetto arborescente, i cui ventagli possono superare il metro di altezza, che danno origine a ecosistemi profondi molto particolari, presenti in ogni parte del mondo e che in Mediterraneo si ritrovano a partire dalla profondità di circa 600 metri, dove la temperatura si aggira intorno ai 12-13°C. I coralli bianchi rappresentano delle vere e proprie barriere coralline che, come le affini barriere tropicali, annoverano una biodiversità enorme, con centinaia di specie anche di importanza commerciale; pertanto, vengono distrutti dalla pesca a strascico. Purtroppo, impiegano migliaia di anni a formarsi e i danni a essi causati potrebbero non essere mai più recuperati. La direttiva europea Habitat annovera l’habitat a coralli profondi tra quelli più vulnerabili del Mediterraneo.