Editoriale

L'inquinamento? Non ci fa né caldo né freddo

Come molti sanno, però, la consapevolezza del riscaldamento è relativamente recente e ancora nella seconda metà del secolo scorso circolava invece la convinzione che fosse in atto una opposta tendenza verso il global cooling.
di Marco Ferrazzoli

Il cambiamento climatico e la sensibilità ambientale, l'inquinamento antropico e la preoccupazione per le sue conseguenze. A richiamare la nostra attenzione dovrebbe essere non lo spettro di conseguenze apocalittiche ma il rispetto per il Pianeta e per le specie viventi

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Il cambiamento climatico è un processo globale, interessa infatti l'intero Pianeta e porta con sé conseguenze che tutti possiamo constatare: dall'aumento delle temperature medie all'intensificarsi delle ondate di calore e degli eventi meteo estremi.

Il cambiamento climatico è un processo globale, interessa infatti l'intero Pianeta e porta con sé conseguenze che tutti possiamo constatare: dall'aumento delle temperature medie all'intensificarsi delle ondate di calore e degli eventi meteo estremi. Come molti sanno, però, la consapevolezza del riscaldamento è relativamente recente e ancora nella seconda metà del secolo scorso circolava invece la convinzione che fosse in atto una opposta tendenza verso il global cooling. In quegli stessi anni, però, la sensibilità ambientale per la problematica dell'inquinamento antropico era già spiccata: solo, non la si legava strettamente e direttamente al climate change come facciamo oggi.

In realtà, il “caldo” prodotto dall'uomo dovrebbe preoccuparci non solo per le sue conseguenze, ma anche per le sue cause. A richiamare la nostra attenzione non dovrebbe essere soltanto l'aumento del livello dei mari, delle esondazioni, delle frane, dell'effetto serra, bensì anche la presenza di polveri sottili in atmosfera, la “zuppa di plastica” negli oceani, i rifiuti di vario genere, anche estremamente tossici e smaltiti in modo non corretto. Sembra che per allarmarci occorra paventare uno spettro di conseguenze apocalittiche, come se fossimo incapaci di correggere i nostri comportamenti che pure sono evidentemente sbagliati; come se per rispettare il pianeta che ci ospita, le altre specie viventi e i nostri simili servisse la minaccia di una severa punizione.

Per fare un altro esempio di quest'atteggiamento piuttosto infantile, prendiamo la pandemia. In un recente incontro organizzato dall'associazione Luigi Bonazzi di Perugia con Giovanni Maga, il direttore dell'Istituto di genetica molecolare del Cnr ha spiegato che in India il problema non è l'aggressività della “variante” del Sars-Cov-2, ma il mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza, dai giganteschi assembramenti in occasione di eventi di massa all'affollata promiscuità in molte contingenze della vita pubblica e sociale. Più che prendercela con presunte cause esterne o colpevolizzarci per il timore delle possibili conseguenze delle nostre azioni, insomma, dovremmo semplicemente migliorarle.

Chi scrive ha avuto la fortuna di visitare i cosiddetti “tre poli” terrestri - Artide, Antartide e Himalaya – confrontandosi sempre con il preoccupato dibattito sul riscaldamento che affligge queste aree estreme, note anche per le basse temperature. L'ultima notizia al riguardo giunge da una ricerca dell'Istituto federale di ricerca per le foreste, la neve e il paesaggio elvetico, che utilizzando dati satellitari ha studiato i cambiamenti di massa annuali in oltre cinquemila grandi ghiacciai himalayani: il 70% perde ghiaccio e la maggior parte ha solo piccole aree che ne accumulano. La preoccupazione, comprensibilmente, è che i ghiacciai di queste catene montuose alimentano i maggiori fiumi dell'Asia, riserva d'acqua per circa 250 milioni di persone. Ma anche in questo caso, un po' come quando si parla della presenza di particelle atmosferiche di origine antropica o di marine litter in Artico, oppure dei distacchi di iceberg giganteschi in Antartico, c'è quasi bisogno che al fatto in sé si aggiunga un elemento emotivo, legato alle conseguenze dirette e indirette per l'uomo.

Per riflettere su questi temi abbiamo dedicato questo nuovo Almanacco della Scienza al caldo e al freddo, che oltre a influire sullo stato di salute della Terra hanno conseguenze in tanti ambiti: dalla personalità alla salute del nostro organismo, dall'etologia delle specie ittiche al patrimonio artistico, archeologico e monumentale, dalle agrotecniche alla farmaceutica, fino all'illuminotecnica. A proposito di caldo e freddo (in cucina) abbiamo poi incontrato la chef stellata Nadia Santini nel Faccia a faccia e Marika Dello Russo dell'Istituto di scienze dell'alimentazione nei Video, dove Alberto Salvati racconta le accortezze da seguire nell'abbigliamento e nei comportamenti quando la temperatura percepita scende a -103°C. Nelle Recensioni si parla dei libri “La cura del freddo” e “Faceva molto caldo”.

Buona lettura!