I numeri progressivi, terribili, dei morti e dei contagiati, le misure di restrizione e di isolamento… Tutti i dati e le condizioni che rendono questo periodo della nostra vita individuale e collettiva così unico, drammatico, straniante, quasi surreale, non valgono – forse perché lavorando nel mondo della ricerca in qualche misura li consideravamo prevedibili - il trauma che proviamo nel momento in cui il dramma ci tocca di persona, anche se indirettamente. Per chi scrive, il primo segnale è arrivato con una telefonata da un giovane medico, che lavora a Milano e che mi ha descritto con una voce quasi irriconoscibile la trincea nella quale è finito. Pur avendo alle spalle una lunga esperienza di corsia e di triage, ha usato la parola “guerra” per descrivere le decine di ricoveri quotidiani che stanno esaurendo le capacità di accoglimento e di terapia dell'importante struttura dove lavora, la sua incredulità (“io una polmonite così non l'avevo mai vista”), la sintomatologia dei pazienti più gravi, il dolore per aver intubato un ragazzino di 19 anni, la preoccupazione per un giovane collega che temono di perdere. “Perché noi qui siamo tutti contagiati, lo sappiamo benissimo”, precisa, e a parlare è un uomo che – quando e quanto può - torna dalla moglie e da tre figli, uno di pochi mesi.
“Guerra”, di nuovo, è il termine che ha usato una giornalista milanese in un'altra chiamata di poco successiva, augurandomi di non dover vivere a Roma nulla di nemmeno lontanamente simile. Un'altra, sempre da Milano, descriveva la stesa di brandine sotto le sue finestre. E ancora: l'ex dipendente del Cnr della cui scomparsa apprendiamo dalla rassegna stampa, le ricercatrici e amiche che rispettivamente ci riferiscono una della febbre che le sta salendo e speriamo passi a brevissimo, l'altra dell'impossibilità in questo periodo di curare adeguatamente la malattia invalidante di cui soffre. È così che lo sgomento generico ed epocale si trasforma in un'angoscia che stringe al collo. Che si cominciano a leggere con occhi diversi altri racconti dei sanitari che parlano da Bergamo, il fronte al momento più combattuto, della “necessità di non creare panico” ma anche “della pericolosità di ciò che sta accadendo”, di “una guerra” che “molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia”. E non a caso, man mano che la consapevolezza della gravità della situazione cresce, diminuisce nelle chat e sui social la voglia di ridere, di fare ironia o sarcasmo, che sono comunque atteggiamenti naturalissimi per esorcizzare tensione e paura.
Che fare? Nel frattempo, facciamo tutti quello che dobbiamo al nostro meglio. Insegnare tramite una telecamera e una connessione web, per esempio, non è certo come stare assieme in un'aula, guardarsi, scambiarsi occhiate, domande, risposte e battute di persona, ma proprio per questo tutti, docenti e studenti, dobbiamo impegnarci ancora di più. Facciamo quello che possiamo. Il richiamo che autorità politiche, amministrative, sanitarie e della ricerca ripetono come un mantra, “ascoltate la scienza”, è tanto più importante in un momento in cui gli scienziati ammettono onestamente di sapere e quindi di poter fare ancora troppo poco: è proprio su quest'ammissione di umana limitatezza che deve basarsi la nostra fiducia in loro, in chi studia, cerca di capire e cerca le soluzioni. Non servono tronfie (e non sempre oneste) affermazioni di certezze che non abbiamo, ma la condivisione con i cittadini degli sforzi che compiamo per giungere prima possibile a una cura, a un vaccino, alla fine del contagio. Perché dopo la guerra ci sarà il dopoguerra, che è sempre un periodo di ricostruzione, di cambiamento, di crescita: speriamo, prima possibile, di tornare a una normalità migliore di quella che il Coronavirus ha interrotto, forse ha spazzato via per sempre.
Come Ufficio stampa del Cnr stiamo cercando di fare del nostro meglio per informarvi. Il sito ha aperto degli speciali, diffondiamo note e comunicati stampa (anche su altri temi, perché la vita della ricerca scientifica fortunatamente continua), è partito il nuovo format della Cnr web tv “Il Cnr risponde” e tutto confluisce sui nostri canali social. Il Focus monografico sulla Quaresima che leggerete in questo numero dell'Almanacco era già pronto: l'abbiamo fatto slittare per dedicarne uno al Covid-19 e lo abbiamo ovviamente adattato alla nuova situazione. Chi ne ha l'età forse ricorda, magari attraverso i racconti di genitori e nonni, la particolare partecipazione alle feste religiose e ai periodi rituali che connotava i periodi bellici: ora ci troviamo in una contingenza simile. Chi crede, seguirà la penitenza quaresimale con più fede nella Pasqua e nella Resurrezione, ma anche chi non crede in qualche modo sta esercitando dei sacrifici con la speranza che servano a una liberazione dal male più celere e completa possibile.
Vi auguriamo una buona lettura che possa aiutare le vostre ore di isolamento domestico con spunti di riflessione interessanti.