Focus: Guerra

La spinta bellica alla tecnologia

Drone
di Alessia Famengo

Il know-how sulle reazioni nucleari acquisito per ragioni militari fu sfruttato per la produzione di energia a uso civile, dai caccia progettati per abbattere gli aerei nemici vennero tratte le informazioni per realizzare il Boeing 707, la nascita di Internet è legata alla Guerra Fredda tra Usa e Urss. Sono solo alcuni esempi di innovazioni scientifiche e tecnologiche messe a punto durante i conflitti e poi riconvertiti in senso pacifico, a favore del progresso

Pubblicato il

Se la analizzassimo senza tenere conto dei drammatici costi della guerra in termini di vittime umane, distruzione e ripercussioni sulla società, potremmo sicuramente dire che la ricerca in ambito bellico è stata ed è uno dei pistoni che muovono il progresso scientifico-tecnologico. La Grande Guerra, per esempio, è stata il palcoscenico di una serie di innovazioni tecnologiche, sia nei mezzi di assalto che nelle armi: la triade aereo-carro armato-sommergibile, l’uso dei gas tossici, le bombe a mano e i lanciafiamme, per citarne alcuni. Il connubio guerra-tecnologia si inserisce nel contesto storico della cosiddetta “Seconda rivoluzione industriale”, quella del petrolio, dell’industria chimica e dei motori a scoppio, nel periodo fertile a cavallo fra il XIX e il XX secolo.

Nel commento “Shut up and calculate!”, pubblicato su Nature nel 2014, David Kaiser racconta come, durante il secondo conflitto mondiale, la ricerca militare contribuì a diffondere modalità di lavoro interdisciplinari e pragmatiche: i gruppi di lavoro non erano più costituiti da diversi specialisti di una determinata disciplina, ma da persone con diverse formazioni, per cui il fisico si interfacciava con l’ingegnere, lo specialista in metallurgia e il matematico. Negli Usa cambiarono anche i modelli di finanziamento, costituiti prima della Guerra da donazioni di privati, industrie e tasse universitarie, mentre a partire dagli anni ’40 iniziarono quelli federali.

Il Radiation Laboratory o RadLab al Mit di Cambridge (Massachussets), per esempio, è nato nel 1940 in seno a un progetto top-secret del Dipartimento della difesa, riguardante lo studio di un radar alle corte lunghezze d’onda: all’inizio contava 20 fisici, 3 guardie, una segretaria e due archivisti, nel 1945 ci lavoravano 4.000 persone, per gestire contratti di ricerca e sviluppo dell’ordine degli 1,5 miliardi di dollari. Una sorte simile ebbe il famoso Progetto Manhattan, coordinato dai Los Alamos Laboratories in New Mexico, al quale lavoravano 125mila persone in 31 infrastrutture sparse per il Nord America: al momento in cui furono sganciate le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki nel 1945, il progetto era stato finanziato con 1,9 miliardi di dollari. In totale, il costo dei due progetti sul radar e sulla atomica ammontò a circa l’1% della spesa militare americana, un costo basso per le casse della Difesa ma straordinariamente alto e senza precedenti per quanto riguarda il coinvolgimento di accademici e ingegneri nei progetti militari.

Nel secondo dopoguerra, molti di questi scienziati tornarono alle loro ricerche “accademiche”, utilizzando o riconvertendo la strumentazione messa a punto durante la guerra per osservare il cosmo o studiare la fisica delle particelle. Il know-how acquisito sulle reazioni nucleari trovò applicazione per la produzione di energia a uso civile. Dai caccia progettati per abbattere gli aerei nemici vennero tratte le indicazioni per realizzare il Boeing 707.

“In molti Paesi, il contributo diretto e indiretto dell’industria militare all’economia, nella quasi totalità ad alta tecnologia, è molto rilevante” commenta Salvatore Capasso, dell’Istituto di studi sul Mediterraneo. “In Italia, per esempio, si calcola che le imprese del settore aerospazio, sicurezza e difesa producono un valore aggiunto di 11,7 miliardi di euro, vicino all’1% del Pil e occupano direttamente e indirettamente quasi 160 mila posti di lavoro”.

La Guerra Fredda tra Usa e Urss fu lo scenario di un’altra serie di innovazioni tecnologiche importantissime per la società civile. La tecnologia che forse più di tutte ha “stravolto” il mondo, Internet, è nata proprio durante quegli anni. Sebbene menti del calibro di Nikola Tesla, Vannevar Bush e Irvin G Wells avessero anticipato il concetto di worldwide web, la sua concretizzazione si realizzo per opera dall’Agenzia Arpa, istituita nel 1958 da Eisenhower dopo la prova di superiorità esibita dai sovietici con il lancio dello Sputnik nel 1957. L’Information Processing Techniques Office di Arpa portò avanti, tra l’altro, la ricerca sulle reti di computer e la trasmissione di pacchetti di dati via satellite e via radio, concretizzando nel 1969 il “padre” di internet, Arpanet, originariamente concepito per l’uso militare e presso le amministrazioni pubbliche. “Media come armi”, potremmo dire riprendendo un titolo della rivista di geopolitica Limes del 2012.

Radar

La possibilità di trasmettere le informazioni attraverso reti di satelliti alla base del sistema Gps, ora a portata di tutti, iniziò nel 1973 a opera della Difesa statunitense. A partire dalla Guerra del Golfo nel 1991, la capacità di sfruttare questi sistemi per le comunicazioni, il posizionamento, il rilevamento dei missili e per la ricognizione del territorio sono stati fondamentali. L’evoluzione attuale riguarda l’impiego di droni e dell’Intelligenza artificiale per le operazioni di coordinamento e attacco gestite in remoto. In ambito civile, però, tutto questo trova infinite applicazioni: dai veicoli a guida autonoma alla robotizzazione dei processi industriali, fino alla gestione della logistica, la cui complessità cresce con gli acquisti online (pensiamo ad Amazon) e con i ritmi di vita sempre più frenetici.

“Gli esempi citati dimostrano le potenti ricadute in ambito civile della ricerca a scopo militare, anche se non sempre la relazione è lineare e spesso il trasferimento tecnologico, proprio per la natura di segretezza della tecnologia bellica, non viene favorito”, conclude Capasso. “Inoltre, nelle moderne economie, l’elevata interdipendenza dei settori produttivi comporta la condivisione dei benefici derivanti dall’avanzamento tecnologico fra settori diversi. Ma il principio resta valido, si pensi solo alla relazione che anche in Paesi come Israele e Cina intercorre tra investimenti in ambito militare e scientifico-tecnologico. In ogni caso, la ricerca in ambito militare è per scopi bellici, seppur di difesa”.

Fonte: Salvatore Capasso, Istituto di studi sul Mediterraneo, e-mail: capasso@ismed.cnr.it

Tematiche