Gli amici dell'Almanacco della Scienza sono abituati alle nostre scelte originali e non si meraviglieranno più di tanto davanti a questo numero dedicato a Franco Battiato, a un mese circa dalla scomparsa. Nei brani di questo eclettico artista vengono toccati alcuni argomenti di grande interesse che, con il supporto dei ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche, ci è parso interessante e utile indagare. Dalla gravità alle “solitary beach”, dai “mondi lontanissimi” alle “aperture alari”, dalla fisiognomica alla desertificazione, fino alla musica sperimentale ed elettronica.
Quando abbiamo pensato questo numero, in riunione di redazione, sono subito giunte tante proposte che non siamo nemmeno riusciti ad accoglierle tutte. Le canzoni, si sa, sono capaci di suscitare ricordi e riflessioni, toccando corde emotive profonde. Quelle stesse che in questi giorni sono state percosse da diversi avvenimenti relativi alla pandemia. In particolare, la morte di Camilla: una tragedia già molto commentata, anche se davanti alla scomparsa di una giovanissima c'è poco da dire.
Le reazioni avverse e fatali sono statisticamente note e, dal punto di vista statistico, implicano una percentuale di rischio ampiamente inferiore ai benefici che le vaccinazioni garantiscono e dei quali ci rendiamo conto in questo periodo di progressiva liberalizzazione. Un ritorno alla cosiddetta normalità che è costellato da dati record, questa volta nel segno della riduzione di contagi e vittime. Ma quando a finire vittima degli effetti avversi è una ragazza, è inevitabile che l'ondata emotiva travolga queste constatazioni oggettive quanto aride. Non possiamo ridurre una giovane vita spezzata a un numero, a un dato: non è giusto, in certi momenti i sentimenti devono avere dignità pari alla razionalità.
Se poi, con l'evolvere delle conoscenze, le istituzioni e la comunità scientifica tornano su alcune scelte importanti come quelle della campagna vaccinale, dobbiamo di nuovo comprendere l'emotività dei cittadini, che da un anno e mezzo sono sottoposti a ordini e contrordini, decisioni e ripensamenti, dibattiti tra voci diverse. Una persona comune fatica a comprendere e distinguere. Che la verità della ricerca richieda un tempo di incertezza per essere raggiunta è persino scontato, ma non è sempre sufficiente a contenere lo sgomento. E quindi per meritare la fiducia che la scienza chiede da tempo non bastano l'autorevolezza delle pubblicazioni specialistiche e dei titoli accademici, occorrono anche intelligenza e sensibilità sul piano umano.
Quando alcuni esperti assumono toni da guru, da santoni, proclamando verità assolute, immediate e incrollabili, oppure si cimentano nelle arene e sui ring mediatici con un piglio dal quale traspare un certo compiacimento offrono uno spettacolo poco adeguato al loro ruolo e intaccano il rapporto fiduciario con la “gente” che è un pilastro della convivenza civile. Lo scienziato chiede di essere creduto in merito a cose che i suoi interlocutori possono capire fino a un certo punto. La capacità di spiegarsi in modo pacato, rispettoso anche delle posizioni e obiezioni più peregrine ma efficace nel dimostrare e convincere delle proprie cognizioni, è quindi importante quanto l'impact factor o l'h index con cui si misura il valore scientifico tra colleghi. Più spesso poi si riscontra l'incapacità di spiegare concetti davvero complessi al pubblico, già compromesso dalla cacofonia di informazioni spesso sbagliate e dalla mancanza di strumenti per distinguere a chi dare credito. Purtroppo spesso si veicola il messaggio nella totale disintermediazione.
Sono valutazioni che abbiamo già espresso a margine di questa pandemia. Ci auguriamo per noi e per i lettori dell'Almanacco di non doverle ripetere oltre, perché significherebbe che l'emergenza è davvero cessata. Ma, nello spirito di serenità, serietà e severità che dovrebbe animare le relazioni tra scienza, conoscenza, comunicazione e società, bisogna dire con chiarezza che l'uscita imboccata grazie ai vaccini e alle misure di sicurezza potrebbe non essere una strada in discesa a senso unico, poiché non possiamo escludere categoricamente deviazioni e rallentamenti. Sia per la circolazione di insidiose varianti che rispondono a una legge evolutiva ineludibile dei virus e di tutte le forme di vita, cioè la tendenza ad adattarsi e mutare al fine di crescere e proliferare, sia più in generale perché la situazione è ancora e sempre in fieri, come lo sono di conseguenza le nostre conoscenze.