Il mondo del calcio non è più solo maschile
Le donne si stanno affermando sempre più in questo settore, come calciatrici e arbitre, anche di gare maschili. Alcuni studi scientifici hanno analizzato i vari aspetti correlati alle loro prestazioni sportive e ai comportamenti in campo. Ne abbiamo parlato con Lorenza Pratali dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa
Al Campionato mondiale di calcio femminile 2019 le italiane hanno partecipato come atlete dilettanti, in quanto il ruolo di professioniste è stato riconosciuto loro solo l'11 dicembre scorso. Il mondo del calcio femminile si sta comunque evolvendo e le calciatrici sono anche divenute oggetto di ricerche scientifiche: vengono studiati gli effetti dell'allenamento sulla prestazione e l'impatto degli ormoni femminili sulla performance. “Un articolo pubblicato lo scorso 18 febbraio sulla rivista 'Phys Sportsmed' ha evidenziato come per migliorare la velocità della corsa nelle giocatrici di calcio si utilizzano sistemi di monitoraggio del carico di lavoro durante la corsa ad alta intensità, per poi sviluppare un approccio personalizzato di allenamento”, spiega Lorenza Pratali dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa. “Inoltre, uno studio effettuato, nel 2017, su nove calciatrici che ha riguardato l'impatto degli ormoni femminili sulla performance durante una serie di test in differenti periodi del ciclo mestruale (fase follicolare precoce e fase luteinica) ha evidenziato che si verifica una riduzione della prestazione massimale di endurance durante la fase luteinica del ciclo mestruale, riduzione che non è stata osservata nella performance legata allo sprint”.
È stato analizzato anche il detraining (perdita completa o parziale degli adattamenti fisiologici indotti dall'esercizio fisico dovuta a riduzione o cessazione dell'attività fisica), per capire come affrontare tale periodo. “Alle professioniste o semi professioniste nelle quattro settimane di detraining viene indicato di effettuare ogni settimana due sedute in palestra”, continua la ricercatrice. “In questo modo, si ha un aumento del grasso e del peso corporeo, una riduzione della prestazione del muscolo quadricipite femorale e del consumo di ossigeno”. Il detraining potrebbe portare a un aumento del rischio di infortuni oltre che alla riduzione della prestazione al momento della ripresa dell'attività agonistica. “I pochi studi fatti negli ultimi anni sugli infortuni nelle calciatrici sono prevalentemente di tipo retrospettivo, ma da una meta-analisi è emerso che uno degli infortuni più frequenti è la distorsione della caviglia, che sembra a più alta incidenza nel sesso femminile”, aggiunge Pratali. “Per ridurli sono stati ipotizzati metodi di allenamento specifici, come quello di tipo neuromuscolare, basato sull'allenamento di forza, equilibrio, pliometria (attività fisica caratterizzata dal rapido susseguirsi di una contrazione eccentrica e di una concentrica) e agilità”.
Un altro ruolo che nel mondo del calcio si sta diffondendo è quello della donna arbitro di gare femminili, ruolo presente già alle Olimpiadi e nei tornei internazionali. Una rivoluzione si è verificata però lo scorso agosto quando la francese Stephanie Frappart ha arbitrato la partita maschile di Supercoppa europea tra Liverpool e Chelsea, affiancata da altre colleghe assistenti. A proposito dell'arbitraggio, va sottolineato che molta attenzione va posta all'alimentazione e all'assunzione di liquidi da parte di chi svolge questa attività. “I fabbisogni calorici degli arbitri sono generalmente inferiori rispetto a quelli dei calciatori attivi, così come l'assunzione di carboidrati, che deve essere più elevata nei periodi di maggiore carico di allenamento e nei giorni delle partite”, precisa Pratali. “Importante anche l'assunzione di liquidi, in particolare nelle donne con carenza di ferro o nelle persone (donne o uomini) che hanno insufficienza di vitamina D”.
Interessante è anche indagare l'aspetto psicologico della donna arbitro che può subire ingiurie dai giocatori. “Da uno studio dell'Università di Vienna sulle reazioni legate alle offese subite durante le partite è stato dimostrato che, indipendentemente dal sesso dell'arbitro, metà di questi hanno risposto agli insulti dei giocatori assegnando il cartellino rosso, il 25,2% assegnando il cartellino giallo, il 12,1% dando un'ammonizione, mentre il 7% non ha avuto alcuna reazione”, conclude la ricercatrice. “La ricerca ha evidenziato che le reazioni delle arbitre non differiscono da quelle dei colleghi maschi neppure a proposito di ingiurie a sfondo sessuale”.
Fonte: Lorenza Pratali, Istituto di fisiologia clinica, Pisa , email lorenza@ifc.cnr.it -