In chimica: minimizzare i cambiamenti
Secondo il principio di Le Chatelier, una perturbazione dallo stato di equilibrio di un sistema provoca una risposta contraria ai cambiamenti portati dall'esterno. È il punto di partenza per la descrizione di sistemi via via più complessi: dalla sintesi dell'ammoniaca ai ritmi circadiani, fino ai processi caotici, dove una minima variazione di un solo parametro può portare a conclusioni completamente differenti, come ricorda Pietro Amodeo dell'Istituto di chimica biomolecolare del Cnr
Per un chimico la parola equilibrio è associata al principio di Le Chatelier secondo cui un sistema all'equilibrio, quando subisce una perturbazione, reagisce in maniera tale da minimizzare i cambiamenti indotti dai fattori esterni. “Una reazione si dice all'equilibrio quando la composizione e/o lo stato non evolvono nel tempo, ma viene instaurato un equilibrio dinamico fra reagenti e prodotti, per cui dopo un po' di tempo, nessuna molecola sarà ancora nella sua forma iniziale, se non per esserci ritornata dopo varie trasformazioni”, spiega Pietro Amodeo dell'Istituto di chimica biomolecolare (Icb) del Cnr.
Formulato nel 1884 dal chimico Henri Louis Le Chatelier, il principio. detto anche “dell'equilibrio mobile”, è stato tra i motori della seconda rivoluzione industriale, quella dei prodotti chimici e del petrolio, e costituisce una sorta di anello di congiunzione fra la chimica e la fisica, in quanto può essere derivato sfruttando gli strumenti della termodinamica all'equilibrio. “Nel 1901 Le Chatelier cercò di applicare il principio a uno dei 'sacri Graal' della ricerca industriale dell'epoca: la produzione di ammoniaca da azoto e idrogeno. Malgrado lo spettacolare fallimento, con una colossale esplosione che quasi uccise un assistente, lasciando il successo alla sintesi di Haber-Bosch del 1910, il principio di Le Chatelier è stato ed è alla base di ricerche e applicazioni in molti settori della chimica”, continua il ricercatore.
Tuttavia, sebbene sia stato concepito per lo studio delle reazioni chimiche, il principio, inteso nella sua forma più generale come risposta a una perturbazione di un sistema, può essere applicato anche in ambiti diversi, con analogie nel settore biologico, economico e nella scienza del clima. “Un concetto di equilibrio dinamico efficacemente riassumibile da un famoso passaggio letterario de 'Il Gattopardo' di Tomasi di Lampedusa 'Bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi', ma generalmente insufficiente a descrivere il comportamento di sistemi sempre più complessi come la chimica dei sistemi viventi”, chiarisce il chimico del Cnr.
La vita, infatti, dalle cellule agli organismi complessi, richiede un flusso di materia ed energia continuo per alimentare i processi che la caratterizzano. Crescita, sopravvivenza e riproduzione sono possibili grazie alle migliaia di reazioni biochimiche dei sistemi viventi (metabolismo, regolazione dell'espressione genica, trasformazioni energetiche), che hanno un certo costo energetico. “L'energia a cui si deve far riferimento per comprendere l'evoluzione dei sistemi è la cosiddetta energia libera, che include due termini: la componente entalpica, cioè l'energia interna del sistema e il lavoro richiesto per fargli spazio, e quella entropica, legata al grado di ordine e strutturazione di un sistema”, aggiunge Amodeo. “Il mantenimento dell'elevato ordine interno di organelli, cellule, tessuti, organi e interi organismi richiede per compensazione un flusso netto di energia dall'esterno, sotto forma sia di entalpia, come flusso di nutrienti, acqua e ossigeno, che di entropia, come distruzione di ordine del cibo, dell'ambiente… In assenza di tale flusso, il sistema vivente raggiunge l'equilibrio termodinamico e non può quindi mantenere le reazioni chimiche 'della vita' e il proprio ordine interno”.
L'apparente equilibrio associato a processi come l'omeostasi nei sistemi viventi, ossia l'insieme dei meccanismi biochimici che si attivano in un organismo per tamponare gli effetti di uno stimolo o disturbo esterno permettendo di mantenere i valori fisiologici come la temperatura corporea, il pH o la concentrazione di glucosio nel sangue a livelli adeguati alla sopravvivenza è, in realtà, il ripristino del cosiddetto stato stazionario. “Al posto di equilibrio dinamico si parla in questo caso di sistemi allo stato stazionario, un'apparente equilibrio in cui, come in una vasca tappata male, bisogna aggiungere costantemente uno o più componenti per mantenere il loro livello o rapporto costante”, precisa l'esperto.
Un altro esempio di equilibrio apparente è costituito dalle reazioni a cinetica oscillante. “In questi sistemi, le concentrazioni delle sostanze oscilleranno come in un pendolo per raggiungere poi lentamente l'equilibrio, a meno che, come per un orologio, non si dia la carica, rifornendo il sistema di reagenti e mantenendo così viva l'oscillazione”, aggiunge Amodeo. “L'apoteosi di questo cammino verso la complessità è rappresentato dai processi caotici, in cui variazioni anche infinitesime di una delle condizioni possono portare a risultati completamente differenti e generare strutture fisiche e matematiche bizzarre e affascinanti, come gli 'attrattori strani' che sono dietro le variazioni apparentemente irregolari, ma che danno luogo a oscillazioni periodiche e non periodiche osservabili in reazioni chimiche relativamente semplici, come pure in sistemi più complessi, fino alle variazioni delle popolazioni di specie animali in natura”.
Le reazioni oscillanti con un lungo periodo assumono grande importanza in cronobiologia, regolando i ritmi biologici. I modelli sviluppati per descrivere questo tipo di reazioni sono applicabili a processi come il battito cardiaco, l'inibizione competitiva da parte degli enzimi, l'oscillazione nella concentrazione di alcune specie nel corso della glicolisi e dei livelli di testosterone nel sangue, ad esempio. “La termodinamica considera solo la stabilità relativa degli stati di equilibrio, ma nulla ci dice sulla velocità con cui uno si trasforma nell'altro. La cinetica rappresenta, per così dire, la 'controparte irrequieta' della termodinamica e guarda ai modi in cui questi passaggi avvengono, in particolare alla loro velocità”, illustra il ricercatore.
La cellulosa (carta, piante etc.) o il carbone in teoria dovrebbero reagire con l'ossigeno dell'aria per dare anidride carbonica e acqua, ma in pratica non lo fanno anche per millenni e oltre, a meno che un innesco (fuoco) non sblocchi tale inerzia con le conseguenze note a tutti. “Questo aspetto di apparente stabilità ed equilibrio non è di interesse esclusivo di chimici più o meno pazienti: non è difficile riscontrare nei comportamenti umani, a livello individuale o sociale, regole e meccanismi riconducibili ai princìpi della termodinamica e della cinetica, che magari tolgono poesia o sensazione di libertà e libero arbitrio, ma ci fanno sentire parte integrante dell'Universo e delle sue, a volte splendide a volte terribili, leggi e complessità”, conclude Amodeo.
Fonte: Pietro Amodeo, Istituto di chimica biomolecolare , email pamodeo@icb.cnr.it