Una storia (geologica) infuocata
Ogni isola ha la sua particolare origine: può nascere da un vulcano o dallo scontro di placche, essere sommersa e riemergere. E soprattutto può insegnarci molto sul passato e sul futuro del Pianeta, come spiega Andrea Billi dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche
Luoghi di avventure o relax, mete di viaggi organizzati o sognati, selvagge o abitate, le isole sono numerose e diverse tra loro. E alcune sono addirittura magiche, perché possono scomparire e riapparire nel giro di poche ore o di qualche anno. Le differenze più evidenti riguardano la loro formazione geologica. “Isole grandissime come la Groenlandia sono veri e propri pezzi di placche terrestri, altre, molto meno imponenti, si formano dalla sedimentazione di ciottoli e sabbia nei laghi o alla foce dei fiumi. Alcune di queste, come l'isola Tiberina a Roma, si trovano all'interno di grandi città e vengono fortificate e cementificate per renderle meno soggette all'erosione dell'acqua”, spiega Andrea Billi dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Consiglio nazionale delle ricerche.
Quando avviene un'eruzione sottomarina, la lava si solidifica a contatto con l'acqua e si accumula fino a emergere, dando origine a un'isola vulcanica. A sud della Sicilia si trova una vera e propria isola che non c'è: l'isola Ferdinandea, sommersa e riemersa più volte - al momento è sotto il pelo dell'acqua - il cui destino è deciso dalla quantità di lava fuoriuscita da ogni eruzione. Continuando la navigazione nei mari della Sicilia, in particolare verso la parte più settentrionale della regione, si trova un vero e proprio reperto geologico, Strombolicchio, vulcano di circa duecentomila anni che costituisce la prima fase della formazione dell'intero complesso vulcanico di Stromboli.
Gli atolli rappresentano un'altra manifestazione del vulcanismo. “Quando un cono vulcanico si trova massimo a qualche decina di metri sotto il livello dell'acqua, può essere colonizzato dai coralli, che crescono velocemente e verticalmente fino a emergere. In questo modo, si formano dei cordoli sabbiosi dalla forma circolare, che non sono veri e propri edifici vulcanici ma poggiano su di essi”, chiarisce il ricercatore.
La tettonica delle placche spiega, invece, l'origine di altre isole, come quella di Taiwan. “Dove le placche convergono, si scontrano cioè l'una con l'altra, si possono formare vere e proprie catene montuose sopra un margine di placca compressivo o convergente”, continua Billi.
Le isole sono poi interessanti da osservare in quanto mini ecosistemi. “Possono essere pedagogiche, perché insegnano quanto sia importante non sovrasfruttare le risorse naturali. Un esempio classico è l'isola di Pasqua; dopo la colonizzazione, avvenuta intorno al 900 d.C., gli abitanti vissero per secoli in pace e in equilibrio con la natura. Arrivati gli europei, nel 1700, trovarono invece una popolazione affamata e ridotta a poche decine di persone in guerra tra loro, perché ormai avevano consumato tutte le risorse dell'isola”, aggiunge l'esperto. Insomma, in scala ridotta, quello che può accadere in tutto il Pianeta se non viene ristabilito al più presto un equilibrio tra la quantità di risorse naturali e il loro sfruttamento.
Ogni isola dunque è una testimonianza del passato geologico del Pianeta, un sistema instabile e dinamico, vivo. Le isole raccontano anche il presente, storie di eruzioni vulcaniche, di movimento delle placche e di adattamento degli organismi a una vita di confini e risorse limitate, le isole sono, come scrisse David Quammen, “paradisi e luoghi di riproduzione per l'unicità e l'anomalia”.
Il loro futuro è però incerto. “Quelle che si elevano di pochi metri sopra il livello dell'acqua, come alcune isole caraibiche e dell'Oceano Indiano, sono destinate a scomparire a causa del riscaldamento globale e del conseguente innalzamento dei mari”, conclude Billi.
Fonte: Andrea Billi, Istituto di geologia ambientale e geoingegneria, Roma, tel. 06/49914955, email andrea.billi@cnr.it