2019 positivo per i laureati
Il XXII Rapporto sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati delle università riunite nel “Consorzio interuniversitario AlmaLaurea” fotografa il trend del 2019, che registra regolarità negli studi e incremento del tasso di occupazione rispetto al 2014. La presentazione è avvenuta in streaming dal Mur, alla presenza del ministro Gaetano Manfredi
Lo scorso 11 giugno è stato presentato in diretta video dal ministero dell'Università e della ricerca (Mur) il “XXII Rapporto su profilo e condizione occupazionale dei laureati”, alla presenza del ministro Gaetano Manfredi, di Ivano Dionigi e di Marina Timoteo, rispettivamente presidente e direttrice di AlmaLaurea. L'obiettivo è far conoscere lo stato occupazionale dei laureati nell'anno 2019 e l'evoluzione temporale degli indicatori sull'efficacia del sistema universitario.
L'indagine è stata condotta su 650mila laureati delle 76 università aderenti al “Consorzio interuniversitario AlmaLaurea” e ha analizzato i risultati ottenuti nel mondo del lavoro negli anni 2014, 2016 e 2018, dopo uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo accademico. I dati relativi al 2019 hanno registrato maggiore regolarità degli studi, abbassamento dell'età della laurea, più tirocini curriculari e un incremento del tasso di occupazione rispetto al 2014: a un anno dal titolo per i laureati di primo livello il tasso è +8,4 %, mentre per il secondo livello è +6,5%. Permanenti le disuguaglianze territoriali, sociali e di genere. Chi proviene da famiglie disagiate, studia per meno anni e sceglie corsi di laurea più brevi. Le differenze di genere e territoriali mostrano una migliore collocazione degli uomini: +19,2% di probabilità di essere occupati rispetto alle donne, +40% per chi risiede o ha studiato al Nord rispetto a chi vive al Sud, e +63,7% di chance di trovare un lavoro rispetto a chi ha studiato al Sud.
Esaminando le differenziazioni per genere nelle varie discipline, le donne sono la maggioranza nei gruppi insegnamento, linguistico, psicologico e professioni sanitarie; in minoranza invece nei gruppi ingegneria, scientifico ed educazione fisica. “Nel dopoguerra l'università ha rappresentato un ascensore sociale capace di permettere l'espressione dei talenti e di favorire la crescita e la competitività del Paese”, sostiene Gaetano Manfredi, ministro del Mur. “L'università non deve essere 'di classe' ma inclusiva, lavorando sul diritto allo studio, sul sostegno alle famiglie più deboli e diversificando l'offerta formativa per intercettare tutti i diplomati”.
Il bisogno di superare i divari a livello sociale, territoriale e di genere si riflette nella necessità di coniugare conoscenze, competenze e trasversalità. "Negli anni orribili della recessione abbiamo perduto 70 mila matricole. Nel 2019 avevamo registrato un +11% rispetto al 2014, anche se solo il 40% dei diciannovenni si iscrive all'università e l'Italia è penultima in Europa per numero di laureati con il 27,8% rispetto al 40,7% della media europea”, aggiunge Ivano Dionigi, presidente di AlmaLaurea. “Il rischio attuale è di perdere altre matricole, ma se perdiamo anche solo una matricola, abbiamo perso tutti”.
Da un'analisi parziale del periodo di lockdown marzo-giugno 2020 emerge che il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è pari al 65% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra quelli di secondo livello, con una diminuzione rispetto alla rilevazione del 2019. "Le università hanno retto di fronte all'emergenza Coronavirus perché erano preparare a fare didattica a distanza. Ma, se per informare e passare nozioni bastano Skype o Zoom, per formare e trasferire conoscenza non possiamo fare a meno della didattica in presenza", conclude Dionigi.