Editoriale

Richieste alle istituzioni. E al Paese

Al rientro dalle vacanze, la ricerca scientifica qualche buona notizia l'ha ricevuta: l'estensione dell'esenzione dall'Imu alle sedi degli Enti di ricerca e la scelta di due illustri scienziati tra i quattro senatori a vita nominati dal Capo dello Stato. Altre novità positive, come l'autonomia nella emanazione dei bandi e l'equiparazione tra medici ricercatori universitari e degli Enti, si auspicano a breve.
di Marco Ferrazzoli

I direttori dei sette Dipartimenti del Cnr, nel Focus di questo numero dell'Almanacco, presentano al Governo una 'piattaforma', chiedendo ciò che ritengono necessario per lo sviluppo della loro area disciplinare e, soprattutto, del Paese. Oltre al sostegno finanziario, servono deburocratizzazione, organizzazione, meritocrazia, autorevolezza sul piano internazionale. In sintesi, più convinzione nell'investimento in ricerca. Per fortuna qualche prima buona notizia è arrivata…

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Certo, queste pur positive misure non possono sanare il pesante ritardo nel sostegno al comparto che l'Italia accusa rispetto agli altri cosiddetti 'paesi avanzati', per non parlare di quelli un tempo chiamati 'in via di sviluppo'. Abbiamo quindi chiesto ai direttori dei sette Dipartimenti del Consiglio nazionale delle ricerche, che in qualche modo coprono lo spettro delle competenze istituzionali, oltre che della conoscenza, di presentare al Governo un'ideale 'piattaforma'. Di chiedere al potere esecutivo

Al rientro dalle vacanze, la ricerca scientifica qualche buona notizia l'ha ricevuta: l'estensione dell'esenzione dall'Imu alle sedi degli Enti di ricerca e la scelta di due illustri scienziati tra i quattro senatori a vita nominati dal Capo dello Stato. Altre novità positive, come l'autonomia nella emanazione dei bandi e l'equiparazione tra medici ricercatori universitari e degli Enti, si auspicano a breve.

Certo, queste pur positive misure non possono sanare il pesante ritardo nel sostegno al comparto che l'Italia accusa rispetto agli altri cosiddetti 'paesi avanzati', per non parlare di quelli un tempo chiamati 'in via di sviluppo'. Abbiamo quindi chiesto ai direttori dei sette Dipartimenti del Consiglio nazionale delle ricerche, che in qualche modo coprono lo spettro delle competenze istituzionali, oltre che della conoscenza, di presentare al Governo un'ideale 'piattaforma'. Di chiedere al potere esecutivo ciò che ritengono necessario per lo sviluppo della loro area disciplinare e, soprattutto, per lo sviluppo del Paese.

Le loro risposte sono raccolte nel Focus monografico di questo numero dell'Almanacco della scienza: leggendole noterete come, oltre e più che il sostegno finanziario, i direttori dei Dipartimenti Cnr chiedano la liberazione dai lacci e lacciuoli burocratici che complicano vita e lavoro dei ricercatori, sinergia organizzativa, un sistema meritocratico che indirizzi le risorse a chi le può far fruttare, una presenza più autorevole sul piano internazionale. In sintesi, maggior fiducia, più convinzione che l'investimento in Ricerca, sviluppo e innovazione non è una 'spesa' ma il volano della crescita e dell'uscita dalla crisi.

La considerazione non è però limitata alle istituzioni politiche e amministrative ma va rivolta alla società nel suo complesso. È nel comune sentire che manca la coscienza del ruolo che la ricerca scientifica può svolgere: come scrive Gilberto Corbellini nel suo recente 'Scienza' (Bollati Boringhieri) si è diffuso un “pessimismo nostalgico” per il quale i cittadini percepiscono “il lavoro degli scienziati come una minaccia per la condizione di benessere esistente”. Si va dall'“intellettuale” che, “ben nutrito di cultura umanistica, snobisticamente giudica la scienza un sapere inferiore”, al “largo pubblico” che non capisce il “modo di funzionare” della scienza.

Colpa, in parte, della stessa comunità scientifica, del suo “modo anche arrogante” di relazionarsi, avverte Corbellini, e del “nostro cervello facilmente ingannabile” dalle credenze e paure “irrazionali”. Ma colpa anche del modo in cui mass media, opinione pubblica e decisori politici danno ascolto a tesi 'alternative', ignorando le “migliori conoscenze prodotte”, avallando presunti esperti mossi da “narcisismo” o interessi di parte, delle trasversali connotazioni ideologiche di cui l'ostilità alla scienza si ammanta. Siamo vittime, conclude Corbellini, di “un atteggiamento intellettuale che valorizza i piani emotivi e sentimentali” e contrasta l'“approccio decisionale fondato sulla razionalità nel governo” dei “rapporti sociali, politici ed economici”.

L'ultimo 'Annuario' di Observa Science & Society edito dal Mulino suffraga questo quadro con dati sconfortati e a tratti sconcertanti. Nonostante il giudizio positivo riservato alle associazioni che si occupano di ricerca (83%), alle università e agli enti (73%), la conoscenza reale che i cittadini italiani hanno del settore è scarsissima. Al punto da attribuire ad Antonino Zichichi in un caso su tre e a Umberto Veronesi in quasi uno su due, in modo erroneo, il premio Nobel: segno che la visibilità pubblica dello scienziato viene confusa con la sua titolazione scientifica. L'interesse delle persone e dei media per la scienza è occasionale, influenzato dalla cronaca, non a caso moltissimi indicatori ci vedono clamorosamente indietro: numero di ricercatori in base agli occupati, donne ricercatrici e docenti universitarie, spesa pubblica e privata in R&S in percentuale sul Pil, premi Nobel (veri) in Chimica, Fisica e Medicina, richieste internazionali di brevetto. È un danno ed è un peccato, perché altri dati, quali l'interesse giovanile per queste discipline, fanno capire che il potenziale per competere alla pari ci sarebbe.