Vita di mare: Svanire

Il mare che non c'è più

Ritina di Steller
di Ester Cecere

La biologa Ester Cecere dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche ricorda alcuni animali marini estinti: dalla foca monaca dei Caraibi alla ritina di Steller, fino al lipote. All’origine della loro scomparsa ci sono varie cause, tra le quali la caccia per ricavare cibo, grasso e pelli

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In ecologia, la parola scomparsa indica l'estinzione, cioè il momento finale in cui sopravviene la morte dell'ultimo individuo di una data specie. Fin dalla preistoria diverse specie animali si sono estinte, ma con la colonizzazione di nuovi continenti, il tasso di estinzione è aumentato, a causa dell’uomo soprattutto nelle isole, in cui l’evoluzione ha dato luogo a ecosistemi unici e fragili. Dove, ad esempio, gli uccelli sono cresciuti in dimensioni e, per mancanza di predatori, hanno perso la capacità di volare. Tra questi il più famoso è il Dodo (Raphus cucullatus, Linnaeus,1758), endemico delle Isole Mauritius, divenuto per questo il simbolo dell’estinzione. Un ruolo importante nell’estinzione delle specie locali lo hanno però avuto anche le “specie aliene” introdotte nelle zone colonizzate, come le pecore in Tasmania o i gatti e le volpi in Australia, dove costituiscono una delle più gravi minacce alla fauna selvatica autoctona. Negli ultimi 200 anni si sono estinte 13 specie, dalla tigre di Giava al rospo dorato, dallo stambecco dei Pirenei fino al Rinoceronte bianco settentrionale.

In mare non è andata meglio. Cristoforo Colombo, oltre a “scoprire” l’America, avvistò per la prima volta la Foca monaca dei Caraibi (Neomonachus tropicalis, Gray, 1850). Neanche a dirlo, il primo contatto tra questa specie e i navigatori del vecchio mondo si risolse con otto esemplari abbattuti per sfamare l’equipaggio. Era il 1494, anno del secondo viaggio dell’esploratore genovese. Tuttavia, l’epoca fatale per la foca monaca dei Caraibi fu quella coloniale. A partire dal XVII secolo, i proprietari delle piantagioni di canna da zucchero organizzarono battute di caccia per uccidere centinaia di esemplari, da cui ricavavano olio lubrificante per i macchinari delle piantagioni. Lo stesso olio era ricercato dai pescatori per alimentare le loro lampade.

Il colpo finale alla specie fu dato dalla pesca eccessiva nelle barriere coralline, che sottrasse la principale fonte di cibo alle foche scampate ai cacciatori delle piantagioni. L'ultimo avvistamento confermato risale al 1952, quando lo studioso C.B. Lewis censì una piccola colonia presso l'isola Serranilla in Colombia, a 150 km. dalla Giamaica. La foca monaca dei Caraibi è stata dichiarata ufficialmente estinta nel giugno 2008. Viveva in acque temperate, subtropicali e tropicali dei Caraibi, del Golfo del Messico e dell'Oceano Atlantico, dove prediligeva atolli, isole appartate, lagune e barriere coralline. Gli esemplari di questa specie possedevano un corpo relativamente grande e robusto, raggiungevano i 2,4 m. di lunghezza e pesavano da 170 a 270 kg. Erano anche noti per ospitare sul loro pelo alghe che conferivano al mantello un aspetto leggermente verdastro. Come le altre foche, la monaca caraibica non era veloce sulla terra. La mancanza di paura per l'uomo e la sua natura pacifica e curiosa hanno contribuito alla sua estinzione.

Lo stesso destino è toccato alla “ritina di Steller” (Hydrodamalis gigas, Zimmermann, 1780), appartenente all’ordine dei sirenii, nome che deriva proprio dalle sirene della mitologia greca. Secondo una leggenda, infatti, in passato i marinai scambiavano questi animali per gli esseri metà donna e metà pesce che ammaliarono Ulisse e i suoi compagni di viaggio. I sirenii sono mammiferi acquatici erbivori, che vivono in ambienti marini costieri o in acque dolci della zona tropicale. A quest’ordine appartengono, il digongo e i lamantini ancora presenti ma minacciati di estinzione.

Lipote

La ritina di Steller poteva raggiungere i 7 metri di lunghezza e il peso di 4 tonnellate. Queste misure si devono alle osservazioni di Georg Wilhelm Steller (1709-1746), naturalista e medico di bordo della spedizione guidata da Vitus Jonassen Bering, che nel 1741 naufragò su un’isola rinominata poi di Bering, a est della Kamčatka. Durante il forzato soggiorno egli osservò attentamente i giganteschi sirenidi, fornendone una dettagliata descrizione e dando loro il nome. I naufraghi, infatti, furono costretti a restare sull'isola fino all'estate successiva: pertanto, spinti dalla necessità di procurarsi il cibo, scoprirono che quello sconosciuto lembo di terra ospitava una quantità di animali ignoti, tra cui anche la ritina di Steller, allora presente anche sull'altra isola delle Commodoro, quella del Rame.

Durante l'era glaciale, la ritina di Steller era diffusa in tutto il Pacifico settentrionale; successivamente, ne rimase una popolazione relitta confinata ai letti di laminarie (macroalghe viventi nei mari temperato-freddi) delle acque poco profonde attorno alle Commodoro. L’estinzione della ritina non è comunque attribuibile ai naufraghi della spedizione di Bering. Infatti, quando si diffuse la notizia della scoperta di queste isole, tra il 1743 e il 1763, vi arrivarono numerosi gruppi di cacciatori di pellicce. Anche se le ritine di Steller non erano le prede ambite dai cacciatori, che miravano a catturare lontre marine, otarie e volpi azzurre, esse fornivano abbondanti provviste di carne; pertanto, nel 1768, a soli 27 anni dalla scoperta, l’ultimo esemplare della specie venne ucciso.

Stabilire l’estinzione di una specie è facile se l’ultimo individuo è custodito presso uno zoo o un bioparco. Non è semplice, al contrario, se gli esemplari sono presenti solo in natura. È questo il caso del lipote (Lipotes vexillifer Miller 1918) noto anche come “delfino dello Yangtze”, un delfino d’acqua dolce, diffuso nel Fiume Azzurro in Cina. Fu dichiarato estinto nel 2006 a causa dell’inquinamento delle acque causato dalla presenza di molte industrie chimiche e dalle catture accidentali durante le attività di pesca. Tuttavia, nel 2007, un gruppo di ricercatori avvistò alcuni individui risalendo il Fiume Yangtze. Successive ricerche commissionate dalle autorità cinesi hanno mostrato che nel fiume e nei due laghi vicini sono rimasti circa un migliaio esemplari di questi animali, che si sta progettando di spostare in luoghi più sani e a loro più adatti.

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