Cinescienza: Sole

La forza di reagire

Locandina del film L'impero del Sole
di Emanuele Guerrini

“L’impero del Sole” di Steven Spielberg racconta la storia di un bambino inglese, nella Shangai della Seconda guerra mondiale, che in seguito all'invasione giapponese della Cina si ritrova da solo in un campo di concentramento. Franco Gambale, già direttore dell'Istituto di biofisica del Cnr e conoscitore della cultura del Paese del Sol Levante, commenta il film guardando alla cultura nipponica di oggi

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“L’impero del Sole” film del 1987 diretto da Steven Spielberg è ambientato a Shangai durante la Seconda guerra mondiale. Racconta la storia di un bambino inglese, figlio di un ricco commerciante di cotone, che fugge con la famiglia quando le truppe giapponesi invadono la Cina, ritrovandosi presto a dover sopravvivere da solo, in un campo di concentramento nipponico. E sperimenta così l'estrema durezza dei suoi carcerieri, gli ufficiali del Paese del Sol Levante animati da un senso di superiorità che talvolta sfocia nell'umanità. 

“Il film inizia nel 1941 e il quadro storico è quello del secondo conflitto mondiale, che vede i giapponesi alleati con la Germania nazista e la Cina legata all’Occidente da interessi commerciali”, spiega Franco Gambale, già direttore dell’Istituto di biofisica del Cnr, conoscitore della cultura giapponese e autore del libro "Quando la terra trema", edito da Scienza Express, che racconta della sua esperienza a Sendai durante il devastante terremoto del 2011. “Ancora durante il secondo conflitto mondiale l’imperatore giapponese era considerato una divinità. In seguito alla sconfitta della guerra e alla occidentalizzazione culturale ed economica del Giappone, nel 1946 l’imperatore Hiroito rigettò la sua natura divina e oggi la figura dell’imperatore è considerata dalla maggior parte dei giapponesi esclusivamente sul piano istituzionale. La drammatica fine della guerra in seguito all’esplosione delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti ha fatto percepire ai giapponesi tutta la vulnerabilità dell’Impero del Sol Levante".

Una scena del film

Una scena del film

L’influenza della cultura nipponica sulle dinamiche belliche si percepisce nel film anche attraverso figure come i piloti kamikaze (in giapponese "vento divino"), che sacrificarono la propria vita lanciandosi con gli aerei carichi di esplosivo contro le navi americane al termine della campagna del Pacifico. “Anche questo tipo di approccio al sacrificio è cambiato. Ovviamente oggi non ci sono più samurai che compiono il rituale per il suicidio, il "seppuku", o piloti kamikaze che sacrificano la vita per il Paese. Il senso del dovere, il rispetto delle gerarchie del Giappone di ieri e di oggi e le attese che le istituzioni e le famiglie pongono sui ragazzi sono ormai differenti”, prosegue il ricercatore. "Tuttavia sono ancora attuali le forti motivazioni e le conseguenti pressioni per il successo dei giovani studenti giapponesi dalle prime classi della scuola elementare fino all’università e anche successivamente. Molti resistono all’enorme stress a cui sono sottoposti e alle attese dei genitori, ma alcuni soccombono, cadendo in gravi crisi depressive che in casi estremi possono portare fino al suicidio. Un problema emergente a cui negli ultimi anni lo stesso governo giapponese cerca di porre rimedio”.

 

Casa giapponese

Casa giapponese

La cultura nipponica è insomma ricca e piena di sfumature, bisogna essere cauti nel tracciare un parallelismo tra passato e presente. “I giapponesi sono un popolo determinato e capace di manifestare durezza, come nel caso della guerra raccontata nel film, ma allo stesso tempo sensibile, con grande attenzione alla natura e alla semplicità: riferimenti che si possono trovare ad esempio nell’architettura di molte case, dove anche il vuoto sostanzia lo spazio, oppure nella metodica dell’ikebana, l’arte delle composizioni floreali improntata ad un’estetica essenziale e armoniosa”, commenta il ricercatore del Cnr.

I tratti culturali di rigore e abnegazione nipponico si riscontrano anche nelle grandi capacità organizzative e di reazione alle criticità. “L’11 marzo 2011 ero a Sendai, quando c’è stato il terremoto più forte mai registrato in Giappone, il quarto più intenso al mondo negli ultimi cento anni. Dopo il sisma si è verificato uno tsunami per il quale sono morte circa 20mila persone”, conclude Gambale. “Il Giappone è un grande popolo, se non fosse stato per la loro capacità organizzativa e per l'efficienza nel reagire alle emergenze, io e mia moglie non saremmo sopravvissuti”.

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