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Pmi e Pa, una relazione complicata

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di Emanuele Guerrini

Fornire una visione delle tendenze evolutive del rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Questo l'obiettivo dello studio dell'Istituto Tagliacarne presentato alla Camera di commercio di Roma. Burocrazia e tassazione i settori da rivedere

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La ricerca dal tema 'Il rapporto tra la piccola e media imprenditoria e la pubblica amministrazione' fornisce una visione delle tendenze evolutive del rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione (Pa) evidenziando se e come le riforme degli ultimi anni stiano modificando l'azione della Pa. Lo studio è stato presentato alla Camera di Commercio di Roma, nell'ambito della VI edizione del Focus Pmi, Osservatorio nazionale annuale organizzato dalla società di consulenza economico-legale Lexjus Sinacta. La ricerca ha operato una valutazione dei servizi pubblici offerti, sia utilizzando parametri quantitativi e qualitativi, sia analizzando l'incidenza dei costi fiscali e previdenziali che gravano sulle imprese.

Dallo studio è emerso che la semplificazione delle procedure risulta fondamentale per il miglioramento dei rapporti tra Pa e imprese, così come dichiarato dal 52% delle piccole e medie imprese (Pmi) e dal 57,1% delle imprese internazionalizzate. In particolare, viene richiesto uno snellimento delle procedure, soprattutto in termini di miglioramento della farraginosità dell'iter amministrativo. Sono state prese in considerazione le principali funzioni garantite alla collettività dallo Stato, quali ad esempio giustizia, ordine pubblico, sanità, istruzione e trasporti. I giudizi peggiori delle Pmi riguardano la giustizia (scarsa al 45,3%, solo sufficiente al 34,1%), mentre elementi di positività si riscontrano nell'istruzione (65,5% tra sufficiente, buona e ottima). In tema di azioni e strumenti che i 'policy makers' hanno attuato per rilanciare le imprese, il 38,9% delle aziende intervistate ravvisa una bassa incidenza dei provvedimenti in materia di investimenti e contenimento del costo del lavoro, al quale si contrappone un 35,6% di imprenditori che giudica abbastanza importanti tali interventi.

Il 74,5% degli imprenditori intervistati affermano inoltre che il livello della pressione fiscale e contributiva sulle aziende in Italia è superiore rispetto alla media europea, con ripercussioni negative sulle capacità di investimento (i dati Eurostat confermano che il nostro Paese si colloca sempre ampiamente sopra la media Ue a 28 Paesi) e che le cause sono da ricondurre principalmente alla cattiva gestione o spreco delle entrate tributarie e previdenziali (53,9% dei casi), all'evasione fiscale (34,6%) e alla corruzione (26,6%). Dalle conclusioni evidenziate da Corrado Martone, responsabile studi settori economici e Pmi dell'Istituto Tagliacarne, emerge che il rilancio del nostro sistema Paese, che può contare su un tessuto imprenditoriale sano e pronto a investire sul futuro, va corroborato con interventi normativi più incisivi, soprattutto sul fronte della tassazione.