Editoriale

Formidabili quei decenni

Forse andremo di nuovo sulla Luna nel 2028, come alcune previsioni della Nasa sostengono, per poi puntare su Marte (l'hashtag #Moon2Mars è molto indicativo ed evocativo); forse lo faremo già entro il 2024, come ha annunciato il vicepresidente degli Stati Uniti all'insegna del “Make America great again”.
di Marco Ferrazzoli

La storia delle missioni spaziali dimostra quanto sia obsoleta la distinzione tra ricerca di base e applicata. Prima e dopo il “piccolo passo” del 21 luglio 1969 centinaia di migliaia di persone e finanziamenti colossali hanno prodotto un'infinità di applicazioni e innovazioni ma soprattutto sono stati una formidabile molla della conoscenza e del progresso. Senza Aldrin, Armstrong e Collins, senza Gagarin e la cagnetta Laika, il futuro non sarebbe stato lo stesso. L'enfasi delle celebrazioni del cinquantennale dell'allunaggio cui dedichiamo il Focus di questo Almanacco è dunque giustificata

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La ricerca spaziale e l'astrofisica impartiscono, a chi si occupa di comunicazione scientifica, una lezione di grande utilità. La storia delle missioni spaziali è infatti, in apparenza, anche la storia di una crisi, se non di un fallimento, almeno dal punto di vista industriale e finanziario: agli americani per compiere quel “piccolo passo” del 21 luglio 1969 sono serviti 15 anni di lavoro di 400 mila persone e ben 100 miliardi di dollari di finanziamenti, 800 dollari pro capite.

La ricerca spaziale e l'astrofisica impartiscono, a chi si occupa di comunicazione scientifica, una lezione di grande utilità. La storia delle missioni spaziali è infatti, in apparenza, anche la storia di una crisi, se non di un fallimento, almeno dal punto di vista industriale e finanziario: agli americani per compiere quel “piccolo passo” del 21 luglio 1969 sono serviti 15 anni di lavoro di 400 mila persone e ben 100 miliardi di dollari di finanziamenti, 800 dollari pro capite. Gli impegni colossali necessari per spingersi ancora oltre però a un certo punto sono sembrati, sia agli States (che sospesero le missioni Apollo dopo la fatidica 17) sia ai sovietici, eccessivi rispetto ai risultati pratici e politici che se ne ottenevano. Dell'ottimismo e degli auspici che nel dopoguerra sostennero la guerra stellare tra le superpotenze, così, sembra rimanere traccia, più che nella realtà, nell'immaginario fantascientifico extraterrestre, che continua a produrre film da box office.

Il bipolarismo Usa-Urss da un lato si è spostato su altri fronti, dall'altro è sfumato per ragioni geopolitiche anche per l'affermarsi di nuove realtà emergenti, che non ha lasciato intatto il settore dell'aerospazio. Ridimensionare il ruolo che quei formidabili decenni hanno avuto nella storia dell'uomo sarebbe però un errore madornale: senza Buzz Aldrin, Neil Armstrong e Michael Collins, ma anche senza Gagarin e la cagnetta Laika, il futuro non sarebbe stato lo stesso. Intanto perché dalla ricerca spaziale è giunta un'infinità di applicazioni e innovazioni delle quali non ci rendiamo neppure conto: dalla Tac all'elettronica, dal cibo liofilizzato alle coperte termiche, tanto che uno studio della London Economics calcola in 3-12 volte il ritorno dei fondi investiti nell'Esa, l'Agenzia spaziale europea. Ma è soprattutto vero per la ragione paradossalmente contraria: perché viaggiando nel cosmo, volando nello spazio, l'uomo recupera la sua dimensione di esploratore dell'ignoto che è sempre la molla principale della conoscenza, del progresso, dello sviluppo. L'obsoleta distinzione tra ricerca di base e ricerca applicata, cioè, perde definitivamente di senso nell'infinitamente grande (come nell'infinitamente piccolo, peraltro). 

Forse andremo di nuovo sulla Luna nel 2028, come alcune previsioni della Nasa sostengono, per poi puntare su Marte (l'hashtag #Moon2Mars è molto indicativo ed evocativo); forse lo faremo già entro il 2024, come ha annunciato il vicepresidente degli Stati Uniti all'insegna del “Make America great again”. Ancor più probabilmente raggiungeremo i nuovi traguardi con il contributo di privati visionari come Elon Musk, che con l'attracco della navicella Crew Dragon della sua Space X alla Stazione spaziale internazionale ha ottenuto un indubbio, concreto risultato. E speriamo di farlo avendo anche una donna protagonista.

Tutta l'enfasi delle celebrazioni del cinquantennale dell'allunaggio non è dunque eccessiva. Questo mezzo secolo è stato oggettivamente straordinario, unico nella storia del genere umano. Ed è altrettanto giustificato il profluvio di appuntamenti con cui sarà celebrato: da quelli che vedono protagonisti i nostri ricercatori Luciano Anselmo e Alberto Battistelli (a Pergine Valsugana con il Nodo di Gordio e al Festival della cultura ebraica di Roma), a quelli organizzatì da Roberto Marcialis e dall'Asi di cui parla negli Appuntamenti. Vi raccomandiamo poi la lettura di qualcuno dei molti libri in uscita sull'argomento: quelli di Giovanni Caprara e di Maria Giulia Andretta e Marco Ciardi, recensiti nelle nostre pagine, e poi 'Luna la prima colonia' di Gabriele Beccaria e Antonio Lo Campo (Edizioni del Capricorno), 'Volere la Luna' di Richard Wiseman (Codice). Nel Focus monografico dell'Almanacco di questo numero, poi, vi offriamo come al solito un compendio di spunti con l'aiuto dei nostri ricercatori.

Un'ultima annotazione personale. Per uno scherzo selettivo della memoria, la missione spaziale che ricordo meglio non è quella dell'allunaggio ma una, successiva, in cui mia madre e la portiera del nostro condominio commentavano come le avventure degli astronauti fossero ormai diventate una cosa quasi normale, addirittura noiosa. E, per strano che possa sembrare, nella mia mente di bambino è rimasta più impressa la notte della semifinale dei Mondiali di calcio del Messico 1970, la celeberrima Italia-Germania 4-3, di quella del 20 luglio 1969 (ora italiana 22,17). Con i miei coetanei ci troviamo più spesso a condividere i ricordi del Carosello e del Rischiatutto, in quanto generazione della televisione in bianco e nero, che non la straordinaria prerogativa di essere stati i più giovani spettatori, in età cosciente, dallo sbarco dell'uomo sulla Luna. Viene da chiedersi se accadrà lo stesso ai millenials, se anche loro si riconosceranno un giorno in altri oggetti, simboli, fatti, ricordi, immagini, diversi da quei dispositivi mobili connessi alle reti wireless con i quali noi adulti li identifichiamo e stereotipiamo spesso. Peraltro, la prima connessione tra due computer avvenne anch'essa in quello straordinario 1969.