Dal 20 maggio l'Emilia è investita da uno sciame sismico di elevata intensità che sta assumendo conseguenze drammatiche per persone, animali, infrastrutture sociali e produttive. I danni sono ingenti. Le comunità sono lacerate, ferite per il susseguirsi delle scosse e dei crolli materiali e psicologici. Interi settori, campioni dell'eccellenza italiana nella ceramica, nel biomedicale e nell'alimentare, contano macerie e dolori.
In aggiunta, nell'ultima settimana, piccole scosse, d'intensità decisamente inferiore o strumentale, sono state registrate anche nel Meridione. Fenomeni, soprattutto questi ultimi, che hanno aumentato allarmismi, paure e prestato il fianco a originali, e quasi sempre inattendibili, idee pseudo scientifiche su faglie, dorsali e prevedibilità dei terremoti.
Le uniche certezze che abbiamo, per ora, sono e restano due: la previsione deterministica dei terremoti, con le conoscenze attuali, non è possibile; l'Italia è un paese a forte rischio sismico.
La prevedibilità è una sfida aperta: non in termini di preveggenza - compito, questo non certo dei ricercatori - quanto per capacità di identificare, cogliere e gestire quantità innumerevoli, e per ora inimmaginabili di informazioni e loro variazioni di valore. L'analisi statistica, utilizzando serie di dati storico-morfologici, racconta della familiarità di un'area o di un'altra, ma resta la probabilità di un'evenienza, null'altro.
Un dato, questo, che va inserito nella particolare natura geo-morfologica del Paese: una natura differenziata per aree territoriali, tempi di manifestazione e intensità di fenomeni tellurici, ma che comunque rende tutta l'Italia un paese a rischio terremoto: febbre, convulsa e improvvisa, della Terra con la quale convivere.
Se tale è la diagnosi, la terapia non può che essere quella di aumentare il livello di conoscenze scientifiche; disporre di una mappatura analitica e costantemente aggiornata del territorio; attivare un monitoraggio, georeferenziato e strutturale, di tutti i manufatti civili, culturali, produttivi; investire sull''early warning'; intervenire sulla sicurezza dei materiali e sui metodi di costruzione; vigilare sulla rete e sulla organizzazione preventiva dei soccorsi. Così come dotarsi di norme - aperte e progressive - che sappiano importare, adottare e far rispettare i risultati acquisiti dalle diverse discipline scientifiche sulle diverse espressioni e manifestazioni della sicurezza tout court.
Anche questa terapia, ovviamente, è da tempo nota. Ma da altrettanto tempo è rispettata solo in parte. Salvo poi, riprenderla nelle occasioni drammatiche come quella di queste settimane.
Sarebbe opportuno cambiare registro, fare di più. Iniziando a investire direttamente sulla comunità scientifica, ascoltandola, dandole credito e fiducia.
I metodi e molti dei risultati scientifici disponibili presso i nostri Istituti e altri Enti e istituzioni di ricerca possono molto in termini di prevenzione, protezione, sicurezza. Inoltre, sollecitano la ricerca di nuove soluzioni come quelle che molti ricercatori del Cnr hanno già messo a disposizione delle autorità preposte e della cittadinanza in occasione del tragico sisma emiliano: dalle mappe parlanti aggiornabili in tempo reale alla tracciabilità di beni e persone.
Quello da attivare è un circuito virtuoso tra ricercatori, politici, amministratori del territorio e imprenditori, affinché le conseguenze negative dei sismi vengano contenute se non del tutto annullate. Ed è questa l'espressione più autentica e alta di cui le scienze e le tecnologie dispongono per manifestare solidarietà e vicinanza ai colpiti dai terremoti.