Editoriale

The never ending history

Pensavamo che la pandemia ci avesse già impartito una sufficiente lezione di incertezza, proseguita in questo agosto italiano trascorso in “bianco” ma anche in bilico, tant'è che la Sicilia è già tornata al “giallo”. Se però vaccinazioni e comportamenti responsabili continueranno, contiamo di giungere prima possibile all'immunità di comunità (Alberto Mantovani suggerisce quest'espressione, anziché “immunità di gregge”). Sui tempi, comunque, meglio non sbilanciarsi in previsioni, dato il peso delle variabili
di Marco Ferrazzoli

Nella tragedia umanitaria dell'Afghanistan le persone coinvolte nella ricerca scientifica, nell'università, nella cultura e nell'arte sono particolarmente a rischio, ancor più le donne. La presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza – rispondendo a una lettera aperta di ricercatrici e ricercatori - assicura di “essere in contatto con il ministero dell'Università e della ricerca, che sta valutando le azioni possibili” e che l'Ente “conta di poter offrire il proprio contributo”. Ma la situazione è delicata e occorre cautela, per non esporre a ulteriori rischi le persone che si intende aiutare. Dedichiamo questo numero dell'Almanacco all'equilibrio, tema che avevamo già deciso di affrontare e che ci sembra acquisisca un'ulteriore attualità

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Pensavamo che la pandemia ci avesse già impartito una sufficiente lezione di incertezza, proseguita in questo agosto italiano trascorso in “bianco” ma anche in bilico, tant'è che la Sicilia è già tornata al “giallo”. Se però vaccinazioni e comportamenti responsabili continueranno, contiamo di giungere prima possibile all'immunità di comunità (Alberto Mantovani suggerisce quest'espressione, anziché “immunità di gregge”). Sui tempi, comunque, meglio non sbilanciarsi in previsioni, dato il peso delle variabili (e non solo delle varianti) in gioco. Agosto è stato poi arroventato dal meteo, con temperature elevatissime e altri eventi estremi che hanno fatto sponda alle valutazioni del VI Rapporto del working group 1 di Ipcc, il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici dell'Onu, al quale tre ricercatori Cnr-Isac hanno dato un importante contributo. Documento che, purtroppo, conferma e se possibile aggrava le tendenze negative già rilevate in precedenza. È come se anche la storia con la “s” minuscola, quello spicchio che ne possiamo osservare dalla nostra nanoscopica prospettiva personale, riflettesse quella della Storia con la maiuscola. Come se non ci fosse termine alla sequela di colpi di scena dei quali siamo spettatori.

Poi è arrivata la tragedia afghana, che ha appesantito lo sgomento. A colpire la comunità scientifica internazionale, oltre che l'immane tragedia umanitaria che si sta consumando, è la sorte particolarmente a rischio delle persone coinvolte nella ricerca, nella formazione, nell'università, nella cultura e nell'arte, che potrebbero essere bersaglio di particolari discriminazioni e repressioni. I talebani infatti, nonostante le parziali e formali rassicurazioni, perseguono un'ideologia contraria allo studio, soprattutto per quanto riguarda le donne.

Tra le iniziative internazionali che si sono attivate al riguardo, quelle dell'università di California a Davis e l'editoriale di Science. In Italia, alcune centinaia di ricercatrici e ricercatori del Cnr hanno sottoscritto una lettera aperta alla presidente Maria Chiara Carrozza, chiedendole di favorire "l'attivazione di tutti i canali diplomatici per porre fine alle barbarie a cui assistiamo", degli "strumenti utili alla costruzione di progetti scientifici internazionali, l'istituzione di "corridoi umanitari” per colleghe e colleghi “che vogliano completare le proprie ricerche e i propri studi". La lettera è stata rilanciata su change.org, dove ha superato le 25 mila firme, e ripresa da diversi media.

La presidente Carrozza ha chiarito di essere “già in contatto con il ministero dell'Università e della ricerca, che sta valutando le azioni possibili in questo delicato contesto internazionale”, confermando che “il Cnr è naturalmente attento e conta di poter offrire il proprio contributo”. La situazione è estremamente delicata e bisogna procedere con cautela, al fine di evitare di esporre le persone che si intende aiutare a ulteriori rischi. La contingenza storica e geopolitica che si è consumata in pochi giorni, e a cui stiamo assistendo attraverso immagini che a tratti ricordano gli attentati di esattamente vent'anni fa, vede la fuga disperata di chi riesce e il pericolo di rappresaglie per chi resta.

Davanti a quest'ennesimo dramma in cui sono minati la libertà di pensiero e la parità di genere, due cardini della nostra idea di “civiltà”, non vogliamo sposare la teoria sostenuta dal politologo Samuel P. Huntington su “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”, che paventava un “conflitto fondamentale” legato “alla cultura”. Sicuramente, però, è stata smentita la profezia di Francis Fukuyama, secondo la quale avremmo dovuto avviarci verso “The End of History”. La storia non è finita, né con la maiuscola, né con la minuscola. Al contrario, parafrasando il romanzo di Michael Ende, possiamo dire che viviamo una “never ending history”.

Avevamo già deciso di dedicare questo numero dell'Almanacco della scienza al tema dell'equilibrio, visto come al solito attraverso il contributo di alcuni nostri ricercatori. Dopo gli ultimi eventi, ci sembra che il tema acquisisca un'ulteriore attualità.