Editoriale

La pandemia si combatte (anche) con la fiducia

Covid 19
di Marco Ferrazzoli

Evitiamo che la paura condizioni il nostro futuro. Nonostante il comprensibile scoramento, dopo due anni che ci vedono ancora in una forte incertezza. Per invitare i lettori a guardare il domani con più speranza, in questo numero raccogliamo le ricerche che i nostri Dipartimenti hanno scelto tra quelle svolte nel 2021. Vi invitiamo alla lettura con i migliori auguri di Buon Natale e di un Felice anno nuovo, nel quale contiamo di presentarvi un Almanacco ancora più ricco e interessante

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Nei giorni scorsi, il presidente Mattarella ha rinnovato il suo appello a fidarsi della scienza: “Senza l'opera della comunità scientifica il mondo sarebbe in ginocchio di fronte a questa pandemia”. Non possiamo che essergliene grati. L'insistenza con la quale il Capo dello Stato torna su questo punto riteniamo sia frutto non solo del dovere imposto dal ruolo, ma anche di una profonda convinzione personale.

Un recente e interessante libro di Naomi Oreskes, edito da Bollati Boringhieri, si chiede proprio: “Perché fidarsi della scienza?”. Il saggio spiega come il dibattito sull'epistemologia e sul metodo scientifico, cioè su come si raggiungono i risultati che la ricerca poi propone quali “verità”, sia e sia stato molto acceso anche tra gli addetti ai lavori. E, quindi, che si debba essere comprensivi e convincenti se: “Molti faticano a orientarsi di fronte ai possibili rischi delle vaccinazioni, così come riguardo alle cause del cambiamento climatico, al modo migliore per mantenersi in salute e ad altre questioni che rientrano nell'ambito della scienza”. L'onere è a carico di chi “sa”, di chi possiede una competenza specifica, su questi o su qualunque altro argomento.

Come abbiamo constatato negli ultimi due anni, la questione non è affatto semplice. In questo periodo si sono diffusi confusione, sgomento, perplessità, quando non ostilità verso le indicazioni e le informazioni fornite sulla pandemia. A parte i casi di chiusure ideologiche e del tutto irrazionali, difficili da scalfire, il problema principale è probabilmente l'incertezza della comunicazione, che amplifica quella dei dati e delle previsioni, dovuta alla pluralità di fonti che si mescolano nella cosiddetta “infodemia”. Prendiamo ad esempio la proroga dello stato di emergenza, su cui si sono sovrapposti in pochi giorni “boatos” di segno diverso: forse andrebbe ammesso con più chiarezza che questa decisione è conseguente a una contingenza in evoluzione continua e che, quindi, nessuno può stabilirne i termini con certezza. Un'emergenza è caratterizzata, oltre che dall'insorgere improvviso, dall'imprevedibilità del decorso: l'Etna, per esempio, è tornato a eruttare e i vulcanologi sono costretti a monitorare, limitandosi a cautissime previsioni.

Detto ciò, questa ridda di pareri e decisioni era però più accettabile all'inizio della pandemia che oggi. Avremmo bisogno di una paziente mediazione tra cittadini, scienziati e istituzioni, di organi che agiscano e parlino in modo più coeso, pacato, trasparente. Non della fibrillazione continua. In alcuni Paesi europei si succedono concitatamente scelte in aperta contraddizione tra loro. L'Europa si è divisa sulle cautele da adottare per l'ingresso degli stranieri comunitari. Sul piano scientifico, il continuativo sforzo della ricerca deve vedersela con un agente virale dotato di una straordinaria capacità di adattamento, come tutti i microrganismi. La nostra risposta è enormemente più efficace che in passato, basti vedere la velocità con cui abbiamo identificato i vaccini, il virus e anche le sue varianti. Ma non va dimenticata la lezione della storia umana, condizionata in modo fondamentale da epidemie, pandemie e contagi: anzi andrebbe studiata e spiegata con chiarezza, assieme ai fondamentali della biologia su questi microscopici ma potentissimi abitanti del nostro pianeta. Infine, occorre avere rispetto di chi ha paura. Stigmatizzare con sigle sbrigative o, peggio, dileggiare chi dubita, contribuisce solo a polarizzare le distanze.

Per concludere, ci permettiamo di ampliare l'auspicio del presidente Mattarella: occorre più fiducia in generale, non solo nella comunità scientifica. Ne occorre in senso verticale, tra cittadini e istituzioni, e in senso orizzontale, tra istituzioni e tra cittadini. I segnali sembrano invece indicare tra i peggiori effetti negativi della crisi pandemica proprio il progressivo allentarsi di questo collante, senza cui le comunità non possono vivere e crescere.

Il segnale forse più inquietante ed eloquente sono i continui record sul calo demografico. Aggiungiamo un secondo consiglio di lettura: “Il popolo dei bambini. Ripensare la civiltà dell'infanzia” (Marietti 1820) di Margherita Rimi, neuropsichiatra e poetessa, un abbinamento che conferisce a questa ricognizione pedagogica una particolare piacevolezza narrativa. Un invito a fornire alle future generazioni, come adulti, un esempio migliore di quanto stiamo dando, in primis sui temi che più riguardano il mondo degli adulti di domani: salute, ambiente, disuguaglianze.

Per riprendere i focus di due recenti numeri dell'Almanacco della scienza, evitiamo che la paura condizioni il nostro futuro. E, per invitare i lettori a guardarlo con più speranza, in questo numero raccogliamo le ricerche che i nostri Dipartimenti hanno scelto tra quelle svolte nel 2021. Vi invitiamo alla lettura con i migliori auguri di Buon Natale e di un Felice anno nuovo, nel quale contiamo di presentarvi un Almanacco ancora più ricco e interessante.

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