Faccia a faccia

La salute si chiama prevenzione

mons.
di Marco Ferrazzoli

Silvio Garattini sostiene un servizio sanitario il cui perno sia uno stile di vita corretto. “La riforma della sanità in senso regionale va rivista”. Nella vita, dice il farmmacologo, “bisogna avere un ideale”

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Monsignor Flavio De Pascali, il parroco di Santa Croce, uno dei gioielli del barocco leccese, nel fare gli onori di casa all'incontro con Silvio Garattini, ricorda i numerosi interventi di Papa Francesco in difesa di un servizio sanitario equo, inclusivo, gratuito, che tenga in considerazione prima di tutto i più fragili. Esattamente lo stesso principio che guida il pensiero del farmacologo, fondatore e presidente dell'Istituto di ricerca Mario Negri, che ha messo più volte in evidenza quanto ci sia da modificare per approdare al "Servizio Sanitario Nazionale che dobbiamo sognare”. Il concetto di sogno, di ambizione, di progetto ricorre spesso nelle parole di questo scienziato, che l'efficace titolo di una sua autobiografia definisce “Guerriero gentile”, mentre l'ultimo libro edito da San Paolo si intitola "Il futuro della nostra salute". L'incontro leccese è stato realizzato nell'ambito di "ERN Apulia3 - Notte dei ricercatori e delle ricercatrici" con Giuseppe Gigli (Direttore Cnr Nanotec), da un'idea di Gabriella Zammillo (Cnr Nanotec).
“Ho 93 anni e ho visto succedere molte cose nella mia vita, quindi, pur sapendo che l'industria della salute è condizionata da interessi economici colossali, credo che abbiamo ugualmente il dovere di fare tutto il possibile per tendere a un sistema diverso, nel quale il perno della medicina non sia più il contrasto alle malattie ma la prevenzione”.

 

 

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Visto che la dichiara lei, parliamo della sua età: deve la sua forma straordinaria allo stile di vita che conduce o alla fortuna di una genetica favorevole?

Naturalmente nessuno disconosce la fondamentale importanza del patrimonio genetico nella longevità e nella salute, ma dobbiamo tenere conto che il formidabile aumento dell'età media in Italia, oggi superiamo abbondantemente gli 80 anni sia per gli uomini sia soprattutto per le donne, viene enfatizzato in modo fuorviante. Non si tiene conto che una cospicua parte finale della vita, circa 6-8 anni, viene condotta in cattiva qualità, segnata dalle malattie neurodegenerative, da patologie di vario genere. Con costi sociali, sofferenze individuali e famigliari, con un bombardamento farmacologico di efficacia molto discutibile. Esiste una scienza che si chiama epigenetica e studia appunto l'interazione tra il corredo del nostro Dna e l'ambiente”.

Farmaci inefficaci: detta da lei è un'affermazione pesante…

I prodotti farmaceutici sono misurati con un indice di efficacia che si chiama Nnt ed è dato dal numero di persone trattate per trovarne una in cui la somministrazione risulti efficace: per l'aspirina, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, è di 265. Non è quindi più logico adottare uno stile di vita corretto che consenta di prevenire l'insorgere di tali patologie? Dobbiamo puntare ad avere una migliore qualità della nostra esistenza senza l'aggravio economico dei farmaci. Consideri, per esempio, che nei vaccini l'Nnt è quasi uno, cioè la vaccinazione è sostanzialmente quasi sempre efficace, mentre molti altri farmaci li somministriamo inutilmente a moltissime persone perché magari una soltanto ne tragga beneficio, specialmente in tarda età.

Eppure viviamo in un momento di diffuso scetticismo proprio nei confronti dei vaccini, che lei dice essere i farmaci più sicuri

La libertà di non vaccinarsi termina quando entra in gioco la sicurezza altrui.

A proposito di polemiche sulla pandemia: oggi si parla di “dittatura sanitaria”, lei vorrebbe imporre una “dittatura salutistica”?

Io non voglio imporre nulla a nessuno, dico solo semplicemente che l'assunzione di comportamenti corretti e semplici è una garanzia rispetto all'insorgenza di moltissime patologie. Sappiamo tutti che bisogna mangiare con moderazione, praticare un'attività fisica costante, evitare alcol, tabacco e droghe. Invece su tutti questi temi abbiamo politiche e atteggiamenti contraddittori: per esempio, nonostante le pionieristiche normative contro il fumo italiane, la dissuasione e la proibizione di tante sostanze e di tanti comportamenti a rischio, lo Stato ricava introiti rilevanti da questi prodotti, cibi e abitudini. Consideri soltanto la ludopatia, che è un costo sociale ma porta soldi alle casse pubbliche…

La pandemia ha reso chiaro quanto le problematiche della salute siano globali e l'Italia da vent'anni ha una sanità regionale: che senso ha parlare di sistema sanitario nazionale?

La riforma della sanità in senso regionale va sicuramente rivista. È assurdo che regioni di dimensioni e di popolazione diversissime abbiano lo stesso tipo di sistema sanitario, sarebbe molto più logico avere una decina di cluster di circa 6 milioni di persone ciascuno da gestire. Così come bisogna andare verso una radicale riforma dell'assistenza medica, che garantisca un'effettiva copertura h 24, 7 giorni su 7, mediante forme cooperative, di collaborazione. Anche se questo non basta.

Cos'altro occorre?

Una riforma profonda del percorso attraverso il quale si giunge alla professione medica e sanitaria. Bisogna che il medico si formi attraverso un approccio più sperimentale, più vicino alla realtà effettiva della sanità e ai progressi della ricerca, in modo permanente e indipendente. Bisogna che gli studenti non siano dei fruitori passivi di lezioni frontali, che siano abituati da subito a fare domande, a porsi dei dubbi. La passività del nostro sistema formativo è dannosissima. C'è, più in generale, un problema di formazione e informazione della scienza, oltre che della medicina. Bisogna incrementare e migliorare l'insegnamento della scienza a livello scolastico, insegnare il metodo scientifico più che le nozioni storiche, come si distinguono le opinioni dai fatti, spiegare il grado di incertezza che informa la conoscenza.

Cosa pensa dei cosiddetti “virologi star”, che si contrappongono nei talk show? Uno stile dal quale lei appare molto lontano

Non è il solo problema. Pensiamo agli Ogm, su cui si registra una contrarietà del tutto ideologica. Quello della cultura è un altro elemento fondamentale. Si muore tanto più e tanto prima quanto si è poveri, non soltanto perché manca l'accesso a cure e strutture, ma perché mancano le informazioni, la conoscenza, la consapevolezza e perché si praticano più spesso stili di vita non sani. Pensiamo al cosiddetto cibo spazzatura.

Come si considera, un ottimista, un idealista, un utopista?

Quello di una sanità non condizionata dai profitti è un ideale ma nella vita un ideale bisogna averlo. E comunque ai miei tempi non c'era neppure un Servizio sanitario nazionale, le persone più anziane se lo ricorderanno, quindi le cose possono cambiare, dobbiamo crederci.

In sostanza cosa rimprovera alla medicina e alla sanità?

Che molto spesso sembrano guardare all'interesse del sistema, dei posti di lavoro, dell'occupazione, agli interessi delle grandi industrie, la cosiddetta Big Pharma, anziché a quello dei malati. Ma un sistema che si basasse sulla prevenzione non creerebbe disoccupazione, non è assolutamente vero, potremmo convertire gli interessi economici che oggi si concentrano sulla cura delle malattie negli stili di vita corretti che dobbiamo adottare, per esempio nello sport, nel turismo, nella cultura, nell'ambiente. La questione ambientale è fondamentale, sappiamo perfettamente essere un fattore di rischio che incide nella salute, così come l'alimentazione. Pensi a un sistema in cui, per misurare la qualità di un medico, si va a vedere dopo un tot di anni: quanti pazienti hanno adottato stili di vita corretti, quanti non sono più obesi, quanti hanno smesso di fumare?

 

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