Le restrizioni hanno reso evidenti gli effetti delle disuguaglianze strutturali che sottendono le disuguaglianze digitali. Tra gli studenti più vulnerabili abbiamo gli alunni con background migratorio, rispetto ai quali a più di venticinque anni dal tempo in cui si sono registrati i primi arrivi, il nostro sistema scolastico è rimasto ancora sprovvisto delle risorse organizzative e professionali necessarie a una piena inclusione”, commentano gli autori. “I dati relativi alla loro presenza nel sistema scolastico italiano rilevano un'incidenza del 10%, che continua a compensare il decremento degli alunni italiani. La maggioranza è costituita da studenti di 'seconda generazione', ben il 64%. Inoltre, gli alunni con background migratorio e, in particolare, quelli nati all'estero, si caratterizzano per livelli di apprendimento più bassi (Invalsi 2019), maggiori ripetenze e abbandono scolastico precoce: nel 2018 l'indicatore Elet (Early leaving from education and training) riferito agli studenti con cittadinanza non italiana è pari al 37,6% a fronte di una media nazionale del 14,5%”. Studi sugli esiti curriculari dimostrano che i figli degli immigrati permangono in condizioni di svantaggio strutturale che richiedono azioni mirate. Il background familiare, l'avere genitori alloglotti e il non parlare la lingua di istruzione nel contesto domestico sono elementi che inficiano la formazione dei ragazzi. “Soprattutto se hanno residenze precarie, sono minori accolti in case-famiglia, vivono in contesti particolarmente difficili o sono stranieri detenuti”, continuano Milione e Landri.
Da cosa cominciare allora per assicurare pari opportunità di studio? “Le scuole necessitano di percorsi di italiano per apprendenti non italofoni, a livelli e bisogni differenti, il che comporta anche l'aumento di organico dedicato. Un altro aspetto fondamentale da curare riguarda il coinvolgimento delle famiglie, che nella Dad risulta ulteriormente ostacolato da carenze linguistiche e da scarse competenze digitali, attraverso l'attivazione di percorsi formativi che integrino l'azione di diversi attori pubblici. Sviluppare o consolidare azioni di rete soprattutto per i minori soli o di giovani adulti che vivono in comunità di accoglienza, i quali per la maggior parte sono da recuperare alla frequenza scolastica e formativa”. La sfida, concludono i ricercatori, è che il distanziamento sanitario non vada ad accentuare le disegualianze.
Fonte: Paolo Landri, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Penta di Fisciano, tel. 089/891850 , email paolo.landri@irpps.cnr.it - Anna Milione , email anna.milione@irpps.cnr.it -