L'amore del bravo attore
Sono più di 40 anni che Toni Bertorelli recita, alternando teatro, cinema e tv. Tanti i registi con cui ha lavorato: da Martone a Giordana, da Bellocchio a Moretti. Numerosi anche i premi conquistati, tra i quali l'Ubu e il Sacher d'oro. Lo vedremo prossimamente sul piccolo schermo nella serie 'Onore e rispetto'
Segue la proiezione di ‘Pizzangrillo' da una delle poltrone della Casa del cinema a Villa Borghese. Cerca di mimetizzarsi tra il pubblico, ma qualcuno lo riconosce e si avvicina per complimentarsi. A vestire i panni di Ettore, un nonno ormai stanco della vita, è l'attore Toni Bertorelli, che da oltre 40 anni calca le scene dei maggiori teatri e dei più importanti set di film e fiction.
Inizia a recitare allo Stabile di Torino, nel 1969, sotto la direzione artistica di Carlo Cecchi. Come regista esordisce invece con la messinscena de ‘Les femmes suivantes'. Approda al cinema solo nel 1982 con ‘Stangata napoletana' di Vittorio Caprioli. Fra le sue interpretazioni, ricordiamo quelle ne ‘Morte di un matematico napoletano' di Mario Martone, ‘Il partigiano Johnny' di Guido Chiesa, ‘La stanza del figlio' e ‘Il caimano' di Nanni Moretti e ‘Luce dei miei occhi' di Giuseppe Piccioni. Ha ricevuto tra gli altri un premio Ubu, il Sacher d'oro per l'interpretazione di ‘Pasolini. Un delitto italiano' di Marco Tullio Giordana, il riconoscimento quale miglior attore non protagonista al Flaiano Film Festival. Nel corso degli anni, è apparso anche in molti sceneggiati televisivi di grande successo.
Quando nasce la sua passione per la recitazione?
Molto presto. Mia madre voleva che sin da piccolo imparassi le poesie a memoria. Già all'asilo, durante i saggi, interpretavo sempre ruoli di primo attore perché recitavo con molta naturalezza, senza mai dimenticare la parte. Poi ho continuato, senza però frequentare scuole di recitazione: la mia accademia sono stati mia madre e i miei fratelli. Oltre me, altri due di loro hanno intrapreso questa professione. Il più bravo, Nanni Bertorelli, ha lavorato anche con Luchino Visconti. Quando è venuto a mancare per un incidente stradale ho iniziato a seguire le sue orme lavorando prima allo Stabile di Torino, poi alla radio dove mi cimentavo anche nella lettura di interi romanzi e, infine, alla televisione, ma sempre subordinata al teatro e alla radio che mi interessavano di più.
Teatro, cinema, tv: quale preferisce?
Adesso il cinema televisivo. Anche perché in teatro non si registrano più esperienze di rilievo, davvero innovative. In questi ultimi anni il teatro sta vivendo una sorta di immobilismo strutturale: i grandi attori non hanno lasciato eredi. E quelli ancora in vita, come Gabriele Lavia e Umberto Orsini, continuano a essere i soli protagonisti della scena, senza lasciare spazio ai più giovani. Così il teatro si ritrova privo della linfa vitale necessaria.
Oggi cosa suggerirebbe ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera?
È difficile dare consigli. Sono cambiati i tempi. Mi pare che i giovani mostrino meno interesse verso questa professione e chi ha talento non sa a chi rivolgersi. La stessa Accademia non vanta più i maestri di una volta.
Lei invece collabora anche con autori giovani, ultimamente ha recitato nel cortometraggio ‘Pizzangrillo', realizzato da un regista esordiente.
Di solito non amo i cortometraggi. Ma quando ho letto la storia di Marco Gianfreda, mi è talmente piaciuta che non ho potuto rifiutare. Così ho vestito i panni di Ettore, un nonno di 65 anni che cerca ogni giorno il coraggio di buttarsi con la sua vecchia Ape in un fosso di campagna. Quando il nipote ‘Pizzangrillo' scopre il suo proposito, decide di seguirlo di nascosto. Ma proprio grazie al bambino il protagonista torna nuovamente a vivere. È stata una bella esperienza. Tra l'altro ho scoperto, con grande sorpresa, che il produttore del corto era un chirurgo affermato, questo connubio tra scienza e arte mi è piaciuto.
A proposito di medicina, lei in ‘C'era una volta la città dei matti' ha vestito i panni del professor Santini, contrario alle idee di Franco Basaglia sulla chiusura dei manicomi. Ed era anche nel cast de ‘La stanza del figlio', altro film sulla storia di uno psichiatra. Occuparsi di questi argomenti le ha lasciato qualcosa di particolare?
A dire il vero il mio interesse per la psichiatria è nato precedente a questi film e comincia da quando lessi ‘Psicoanalisi e buddismo zen' di Erich Fromm. Ho poi approfondito queste tematiche con ‘Il temperamento nervoso' di Alfred Adler, fondatore della psicodinamica. In anni di esperienza teatrale, poi, calcando i palcoscenici, ho potuto stabilire con i colleghi un rapporto molto profondo che in qualche modo ricalca la relazione psicanalitica. Anche il rapporto con la drammaturgia di Harold Pinter, del quale ho interpretato diversi personaggi, mi ha costretto a un continuo lavoro introspettivo. Vestivo quasi sempre i panni del carnefice e sulla scena dovevo spesso agire o subire delle dure violenze verbali: quei dialoghi contorti, che rasentavano l'assurdità, la ricerca della verità più recondita all'interno di quelle frasi, a volte senza senso e dissacranti, mi hanno così sfibrato che alla fine mi è diventato impossibile interpretare quelle opere.
Entrare nel ruolo per l'attore è dunque un lavoro così personalizzato?
Bisogna amare molto il personaggio che si interpreta. E per essere credibile devi saperlo amare anche quando indossi i panni di un massacratore o di un torturatore, tirando fuori dal profondo dell'inconscio quel lato oscuro che ognuno nel suo intimo possiede. Questo è ciò che chiedeva anche Pinter nelle sue opere.
Dopo aver partecipato a ‘Morte di un matematico napoletano', sulla storia di Renato Caccioppoli, porterebbe un altro scienziato sulla scena?
Sicuramente ne sceglierei uno che si sia occupato del rapporto tra passato e futuro, anche poco conosciuto. Una di quelle storie fantascientifiche, dove il protagonista intraprende un viaggio nel tempo.
Segue le notizie di carattere scientifico e le novità tecnologiche?
Soprattutto quelle astronomiche: la scoperta di nuove stelle, galassie, i viaggi interplanetari, persino gli Ufo. Ma anche le scoperte archeologiche.
E del suo futuro, professionale, cosa può anticipare?
Avrò un importante ruolo tra i protagonisti della terza serie di ‘Onore e rispetto'.
Silvia Mattoni