La plastisfera marina, dalla costa mediterranea all’oceano
Un recente studio multicentro della plastisfera marina, condotto dalla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli in 6 siti costieri del Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, ha analizzato la colonizzazione microbica su 3 tipi di plastica
Pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research, lo studio “The plastisphere: a comprehensive description of geographic and temporal community patterns across the Mediterranean Sea and the Atlantic Ocean” è stato condotto dalla Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli sulla colonizzazione microbica su 3 tipi di plastica, in 6 aree tra Mediterraneo e Oceano Atlantico. Frutto del progetto europeo JPI Ocean "MicroplastiX", è senza precedenti per ampiezza e coordinamento internazionale, soprattutto per quanto riguarda le procedure e i protocolli sperimentali, identici per i 5 siti. La ricerca è importante per comprendere meglio il concetto di Plastisfera, il complesso di microrganismi che colonizza la plastica in mare, un mondo invisibile ma fondamentale per capire l’impatto dell’inquinamento sugli oceani, e per inserirla nelle strategie globali per combattere l’inquinamento marino.
Qualsiasi oggetto che arrivi al mare viene immediatamente colonizzato da micro e macro-organismi, che trovano un substrato per vivere meglio e farsi trasportare liberamente. Non fanno eccezione le plastiche, materiali purtroppo sempre più diffusi nei mari del mondo. Nelle prime fasi di colonizzazione i microorganismi, sia batteri che alghe unicellulari, sono in prima linea, ma i meccanismi che influenzano questo processo di attaccamento, la differenza tra i diversi polimeri, e l’evoluzione nel tempo di queste comunità sono ancora da scoprire.
In questo studio, guidato per la Stazione Dohrn da Raffaella Casotti con la collaborazione di Carola Murano, è stato utilizzato un approccio multimarker, studiando i marcatori ribosomiali 16S per i procarioti e 18S per gli eucarioti. Pezzi di polietilene a bassa densità, polipropilene riciclato e Pla (acido polilattico - una bioplastica) sono stati incubati in mare per un anno e recuperati dopo 7, 30 e 90 giorni per 4 stagioni consecutive; proteobacteria, bacteroidia e planctomycetes sono i procarioti più abbondanti, mentre ciliati, cercozoa e dinoflagellata gli eucarioti più frequentemente osservati sulle plastiche. La più alta diversità in termini di ricchezza di specie è stata osservata in autunno, e la maturità della comunità in alcuni siti è stata addirittura raggiunta dopo una sola settimana di incubazione. Sono state rilevate specie con potenziale ruolo nella biodegradazione della plastica, ma anche patogeni potenzialmente pericolosi per l'ambiente e la salute umana, anche se non si può parlare di un vero e proprio rischio rappresentato dalle microplastiche.
Questo studio presenta il database più completo sulla plastisfera marina ad oggi e fa luce sulla sua diversità costiera nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, rivelando come essa sia influenzata dalle condizioni ambientali locali e dal tipo di substrato, tutti fattori cruciali per comprendere ed affrontare questa pressante minaccia ecologica.
Uno studio precedente, nell’ambito dello stesso progetto, aveva già evidenziato come la plastisfera abbia un’enorme capacità di assorbire e concentrare inquinanti inorganici persistenti, in particolare di 12 metalli pesanti, tra cui piombo e mercurio. L’alta galleggiabilità delle plastiche permette il loro trasporto a distanze anche notevoli, per cui la valutazione del rischio ambientale che deriva sia dalle plastiche stesse che dal microbiota che trasportano deve diventare una priorità per la gestione delle aree marine.