Curiosità: Scienza in gioco

Un gioco faraonico

Senet conservato al Museo egizio di Torino
di A. C.

Si chiama Senet ed è considerato uno dei giochi da tavolo più antichi della storia. Nasce nell’Antico Egitto oltre 5000 anni fa e uno dei ritrovamenti più noti è proprio quello avvenuto nella tomba del faraone Tutankhamon. Oggi si può ammirare anche nel Museo egizio di Torino, dove grazie all’iniziativa “Senet: che passione!” è possibile giocarci

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Il Senet, nato nell’Antico Egitto oltre 5000 anni fa, è considerato uno dei giochi da tavolo più antichi della storia. Le sue origini risalgono al IV millennio a.C. ma già dalle prime dinastie era comune trovarlo nelle tombe dei nobili egizi. Non era solo un oggetto di prestigio: per gli antichi egizi, giocare a Senet significava anche prepararsi al viaggio nell’aldilà. Con il tempo, il gioco si diffuse in tutta la società, fino a diventare parte integrante della cultura quotidiana egiziana.

Molti esemplari sono stati ritrovati in tombe importanti, tra cui quella celebre del faraone Tutankhamon, dove furono scoperti ben quattro set di Senet, realizzati con materiali preziosi come oro, avorio ed ebano. Un altro esemplare è oggi conservato al Museo egizio di Torino: risale alla XVIII dinastia (1425–1353 a.C.) e proviene dalla tomba di Kha, architetto reale al servizio dei faraoni. Il gioco fu un dono di Benermeret, figlio di un collega di Kha, e la sua storia è ricostruibile grazie anche alle raffigurazioni nella cappella funeraria.

Nel 2015, grazie alla collaborazione tra il Museo egizio e il Consiglio nazionale delle ricerche, è stato realizzato un video in computer grafica che mostra la ricostruzione della sepoltura di Kha e di sua moglie Merit, riportando ogni oggetto esattamente nella posizione in cui fu scoperto. Il Senet occupa un posto speciale in questa narrazione, sia come oggetto reale, sia come simbolo di un significato più grande.

Molte delle informazioni più approfondite sul Senet e sulla tomba di Kha ci arrivano dal libro “La tomba di Kha e Merit. Ediz. Illustrata” (Franco Cosimo Panini, 2018) di Enrico Ferraris, curatore della sala del Museo Egizio dove è esposto il gioco. Nel volume, Ferraris ricostruisce il valore storico, simbolico e rituale del gioco, fornendoci una chiave preziosa per comprendere il suo ruolo nella cultura dell’antico Egitto. L’autore spiega che il Senet era “il gioco più apprezzato dagli antichi egizi” e al tempo di Kha era già “di origine antichissima e diffuso in tutto il Mediterraneo”. La griglia del gioco poteva essere realizzata in modi molto diversi: tracciata su pietra, disegnata su papiro, intagliata nel legno - come l’esemplare appartenuto a Kha - o anche costruita con materiali pregiati e intarsiati, come quelli trovati nella tomba di Tutankhamon. Un altro esempio è rappresentato nella tomba di Nefertari, la sposa di Ramses II, la regina è raffigurata proprio mentre gioca a Senet.

Nefertari che gioca a Senet

Ma come si giocava? Le regole non ci sono pervenute in modo completo, ma è possibile ipotizzare una dinamica simile al nostro gioco dell’oca. I due giocatori si affrontavano su una griglia composta da trenta caselle, disposte in tre file da dieci. Lanciando bastoncini o ossicini, stabilivano il movimento delle pedine (chiamate "danzatori") nel tentativo di farle uscire per primi dal tabellone. Le pedine erano in genere sette per giocatore e si distinguevano per colore e forma. Ferraris spiega che: “In egiziano senet significa ‘passare’, probabilmente in riferimento all'andamento del gioco”. Con il tempo, questo “passare” divenne un’immagine potente del passaggio verso l’aldilà. Nel Nuovo Regno, il gioco cominciò ad assumere un valore simbolico e funerario. Le pedine che avanzano lungo il percorso venivano viste come l’anima che affronta prove e ostacoli nel cammino verso la vita eterna. Ferraris osserva che: “Il Senet non è più percepito solo come un gioco ma come il simbolo della partita per ottenere l'immortalità”.
Nel corredo funerario di Kha, la tavola del Senet è decorata con iscrizioni e con una scena d’offerta che rafforzano questo significato. Accanto alla griglia di gioco si trovano testi geroglifici e dediche a Benermeret, rappresentato anche mentre rende omaggio ai suoi genitori, anch’essi ricordati nella cappella funeraria. In definitiva, il Senet non era solo un passatempo, ma un rituale, un ponte tra la vita e la morte, un modo per prepararsi a ciò che attendeva l’anima dopo la fine terrena.

Oggi il Senet continua a vivere, anche grazie a iniziative come quella del Museo egizio di Torino, che propone un laboratorio interattivo pensato per le famiglie con bambini dai 6 agli 11 anni. Durante l’attività, intitolata Senet: che passione!, i partecipanti possono imparare a giocare seguendo le regole ricostruite, utilizzando una replica del tabellone e delle pedine, scoprendo in modo divertente e coinvolgente la storia e il significato di questo straordinario gioco dell’antichità. Un’occasione per fare un tuffo nel passato, toccare con mano la cultura egizia e, perché no, sentirsi un po’ faraoni anche solo per un pomeriggio.