Salute a tavola: Scienza in gioco

Illustrare la filiera del latte giocando

Latte
di R. B.

È quanto hanno fatto alcuni ricercatori di tre strutture del Cnr - Istituto di scienze dell’alimentazione, Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo e Istituto per il sistema di produzione animale in ambiente Mediterraneo - proponendo il gioco la Via Lattea a bambine e bambini della scuola primaria e secondaria, in occasione del Centenario dell’Ente. Ne abbiamo parlato con una delle organizzatrici, Paola Zinno del Cnr-Ispaam

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Seguire una sana alimentazione è importante, e fondamentale è apprendere il prima possibile le regole di una nutrizione corretta. Per raggiungere questo obiettivo alcuni Istituti del Cnr - Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa), Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom) e Istituto per il sistema di produzione animale in ambiente Mediterraneo (Ispaam) - hanno organizzato nell’ambito del Centenario del Cnr l’evento  “La scuola si avvicina alla ricerca”, nel quale oltre 200 bambine e bambini di scuola primaria e secondaria di primo grado del territorio campano sono stati coinvolti dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Ente in attività ludiche, finalizzate all’apprendimento di una corretta nutrizione e alla riflessione sui problemi di produzione e spreco alimentare.

Tra i giochi organizzati c’è stato la Via Lattea, incentrato sul latte e sulla sua filiera, nel quale sono stati spiegati ai giovani studenti i vari passaggi che portano questo prodotto in tavola e l’importanza della scienza e delle sue tecnologie per rendere sicuro questo alimento. A illustrarlo è Paola Zinno del Cnr-Ispaam tra gli organizzatori del gioco, che precisa: “Conoscere il percorso del latte, dalla mungitura fino a noi, aiuta a capire il valore di ciò che consumiamo e a riconoscere il ruolo della scienza nella tutela della nostra salute. Il gioco ha guidato i partecipanti attraverso ogni tappa: allevamento, mungitura, trasporto, trattamenti termici, confezionamento, distribuzione e controlli sanitari”.

Per tutti, ma specialmente per i bambini, questo alimento è essenziale nella dieta quotidiana. Vediamo allora cosa succede prima che il latte arrivi nella tazza per garantire igiene, qualità e sicurezza del prodotto finale. “Tutto ha inizio nell’allevamento, dove bovini, bufale, capre o pecore sono accuditi secondo precisi requisiti igienico-sanitari. Gli animali devono essere registrati presso i servizi veterinari delle Asl, che effettuano controlli periodici sulla salute del bestiame, sull’alimentazione e sull’uso di farmaci. Anche l’ambiente conta: una corretta gestione delle deiezioni e l’impiego di tecnologie come i digestori anaerobici (impianti che sfruttano un processo biologico in assenza di ossigeno per decomporre la sostanza organica e trasformarla in energia) contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale, limitando le emissioni climalteranti”, spiega Zinno.

Mungitura

C’è poi la mungitura, che oggi è in prevalenza meccanica. “Gruppi di aspirazione simulano la suzione del vitello, limitando così lo stress all’animale e possibili contaminazioni microbiche. Il latte ottenuto viene subito filtrato e raffreddato a una temperatura di circa 4°C in una cisterna coibentata. Questo passaggio rallenta la crescita batterica e permette di mantenere la qualità per 24-48 ore”, continua la ricercatrice. “In questa fase iniziano anche i primi controlli di qualità: tenore in grasso, proteine, carica batterica, cellule somatiche, secondo i criteri del sistema Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Points). Autocisterne a temperatura costante ritirano poi il latte ogni giorno, mantenendo la catena del freddo a 4°C. Prima del carico si preleva un campione, che segue la cisterna fino allo stabilimento per eventuali contestazioni di qualità. All’arrivo, vengono effettuati test rapidi per verificare eventuali anomalie e solo i lotti conformi proseguono verso i trattamenti termici: pastorizzazione Htst (High Temperature Short Time) 72-75 °C per 15-20 s per ottenere il latte fresco; Uht (Ultra-High Temperature) 135-150 °C per 2-4 s per il latte a lunga conservazione; sterilizzazione in bottiglia 110-120 °C per 20-30 min. Il calore abbatte il numero dei patogeni, quindi, più alta è la temperatura, maggiore la sicurezza, ma si può verificare una parziale perdita di componenti nutritivi sensibili al calore”.

La fase successiva è l’omogeneizzazione. “Questo processo consiste nel rompere i globuli di grasso tramite pressioni elevate (fino a 200 bar), evitando la separazione della crema e rendendo il latte più digeribile. A questo punto si decide il contenuto di grassi: intero (circa 32 g/l), parzialmente scremato (circa 15 g/l) o scremato (≤ 5 g/l)”, aggiunge l’esperta.

Il percorso non termina però qui, perché anche la distribuzione ricopre un ruolo importante. “Il latte fresco viaggia in camion refrigerati e deve essere conservato sempre a una temperatura di 4 °C. Il latte Uht, invece, può essere tenuto a temperatura ambiente finché la confezione non viene aperta. La durata del prodotto dipende dalla severità del trattamento, dall’integrità dell’imballaggio e dal rispetto della catena del freddo”, sottolinea Zinno.

A vigilare sull’intera filiera ci sono vari enti pubblici. “Ministero della salute, Asl, Carabinieri Nas, Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi e Istituti zooprofilattici sperimentali, eseguono controlli regolari per rilevare la presenza di batteri patogeni, contaminanti chimici o frodi economiche, come l’aggiunta di acqua o l’impiego di latte di specie diverse nei formaggi”, conclude la ricercatrice del Cnr-Ispaam.

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