Focus: Calore

Rettili e anfibi, sentinelle della biodiversità

Rettile
di Elisa Storace

Il riscaldamento globale altera cicli vitali, distribuzioni geografiche e comportamenti della fauna selvatica. Rettili e anfibi, dipendenti dalla temperatura esterna per regolare la propria, sono i più vulnerabili alla “febbre” del Pianeta e proprio per questo sono preziosi bioindicatori, come ricorda Antonio Romano dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr

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Pesci tropicali nel Mediterraneo e farfalle mediterranee che si sono spostate verso nord di oltre 200 km. Stambecchi che si spingono a quote sempre più alte e restano in attività anche nelle ore notturne per sfuggire al caldo, uccelli migratori che ritardano la partenza autunnale e altri che rinunciano del tutto a migrare. Ghiri che si risvegliano precocemente dal letargo e, per trovare un luogo dove partorire la prole, si ritrovano a competere con cinciarelle e cinciallegre, che nidificano nelle stesse cavità dei tronchi ma molto prima di loro. Scoiattoli che anticipano il periodo riproduttivo ma finiscono per non avere cibo sufficiente per i piccoli, a causa del mancato sincronismo con i prodotti vegetali di cui si alimentano. E ancora: foche colpite da alopecia, granchi che perdono l’olfatto, ghepardi maschi progressivamente meno fertili, topi e toporagni che hanno sviluppato code più lunghe per dissipare più efficacemente il calore e pipistrelli che per lo stesso motivo tendono ad avere ali più ampie.

L’aumento globale delle temperature ha un grande impatto sugli animali. Fra tutti, però, quelli più a rischio sono certamente rettili e anfibi. Su di loro, la “febbre” del Pianeta ha effetti molto seri, come ci spiega Antonio Romano, erpetologo, dell’Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Cnr: “Rettili e anfibi sono particolarmente vulnerabili al riscaldamento globale perché sono animali ectotermi, non sono cioè in grado di regolare internamente la propria temperatura corporea. Per svolgere le loro funzioni vitali - come muoversi, digerire o riprodursi - dipendono fortemente dalla temperatura ambientale: tipico dei rettili e di alcune specie di anfibi eliofili e termofili è infatti l’esporsi al sole per scaldarsi, così come, per entrambi, rifugiarsi in luoghi freschi e umidi per non surriscaldarsi o anche regolare l’attività in base alle ore del giorno e al relativo gradiente termico. L’aumento della temperatura esterna può comportare condizioni di surriscaldamento che superano la loro capacità di adattamento”.

Rane

Gli anfibi poi, più ancora dei rettili, risultano particolarmente vulnerabili rispetto ai cambiamenti climatici: secondo l’Iucn (International Union for Conservation of Nature), attualmente, oltre il 40% degli anfibi nel mondo è classificato come minacciato. L'aumento delle temperature e la variazione delle precipitazioni, sia nel periodo che nella quantità, con primavere ed estati sempre più calde e secche, aumenta la necessità di sottrarre acqua alle falde per utilizzi agricoli. “La maggiore perdita di idoneità climatica negli anfibi rispetto ai rettili è dovuta al loro stretto legame con gli habitat umidi, oggi minacciati dall’aumento delle temperature, e alla loro ridotta capacità di dispersione, che necessita proprio di ambienti umidi come corridoi”, sottolinea il ricercatore.

Nel mosaico di zone agricole e naturali, che caratterizza molti paesaggi che in passato costituivano importanti scrigni di biodiversità, gli anfibi oggi hanno sempre meno acqua a disposizione. Possono allora sopravvivere esseri il cui stesso nome indica che la loro è una doppia vita, dipendente da terra e acqua? “Lo stretto legame degli anfibi con l’acqua e la loro vita sospesa tra questi due ambienti ne fa dei preziosi bioindicatori, proprio perché in grado di fornire una risposta integrata, anche per quanto riguarda gli effetti dei cambiamenti climatici”, chiarisce l’esperto.

E poi c’è la questione del Tsd, acronimo di un fenomeno che, a lungo termine, potrebbe influenzare significativamente la sopravvivenza di diverse popolazioni di questi animali.  “In molte specie di rettili, ad esempio le tartarughe marine (Caretta caretta) o terrestri, come la Testudo Hermanni, ma anche in alligatori e coccodrilli, il sesso è determinato dalla temperatura durante il periodo termocritico dell’incubazione delle uova, fenomeno noto come ‘Temperature-Dependent Sex Determination’, per cui temperature più basse tendono a produrre maschi, temperature più alte femmine. Un fenomeno che, meno frequentemente, riguarda anche alcuni anfibi, come il tritone iberico (Pleurodeles waltl) o la rana rugosa giapponese (Glandirana rugosa), e che potrebbe metterne in crisi la sopravvivenza. Uno sbilanciamento delle temperature comporterebbe la nascita di individui di un solo sesso, con ovvie conseguenze”, conclude Romano.

Emersi dagli oceani quasi 400 milioni di anni fa, gli anfibi furono i primi vertebrati a colonizzare le terre emerse. Ma a stare sulle terre emerse ora hanno sempre più difficoltà, perché queste sono più ostili e più calde. Sono animali che conservano nel loro codice genetico memorie arcaiche del nostro Pianeta e proteggerli vuol dire proteggere equilibri antichi, di cui noi stessi siamo parte.

Fonte: Antonio Romano, Istituto per la bioeconomia, antonio.romano@ibe.cnr.it

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