Focus: Calore

Una minaccia per il pesce azzurro

Sardine
di Rita Bugliosi

Le acque marine sempre più calde hanno ricadute varie anche su quanti in esse vivono. Con Ernesto Azzurro e Silvia Angelini dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr abbiamo esaminato gli effetti che questo fenomeno ha su alcune specie - in particolare la sardina, l’alice e lo spratto -, scoprendo che le conseguenze riguardano diversi aspetti: dalla catena alimentare alle dimensioni di questi animali

 

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L’aumento delle temperature è un fenomeno che sperimentiamo tutti trovandoci a vivere estati caratterizzate da un caldo davvero notevole, che ci provoca malesseri vari e che influisce negativamente sulla nostra quotidianità, determinando disturbi di salute o del sonno, limitando le nostre attività all'aperto o riducendo la nostra produttività.

Non siamo però solo noi umani a subire gli effetti nocivi delle ondate di calore intense e prolungate, a farne le spese sono anche molti altri organismi viventi, non solo quelli terrestri, anche quelli marini. Un esempio sempre più evidente di questi cambiamenti è costituito dal rapido declino di alcune specie di pesce azzurro come lo spratto (Sprattus sprattus), la sardina (Sardina pilchardus) e l’acciuga (Engraulis encrasicolus). Queste specie, che appartengono alla categoria dei cosiddetti piccoli pelagici, sono molto importanti per l’ecosistema Mediterraneo, come illustra Ernesto Azzurro dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim) del Cnr: “La sardina e l’acciuga svolgono un ruolo chiave negli ecosistemi marini del Mediterraneo. Posizionandosi a livello intermedio della catena trofica, queste specie fungono da mediatori fondamentali nel trasferimento di energia dal plancton ai grandi predatori. In altre parole, questi pesci, che si cibano dei microscopici organismi che compongono lo zooplancton, sono a loro volta prede di tonni, cetacei e molte altre specie, inclusi gli uccelli marini. Quindi, si comprende perché la conservazione di queste popolazioni è di fondamentale importanza per l’intero ecosistema. Storicamente, sardine e acciughe hanno rappresentato una componente primaria della pesca del Mediterraneo, tuttavia, nel corso dell’ultimo decennio, si sono osservati segnali preoccupanti di declino nelle catture. In settori come il mare Adriatico e il Mediterraneo nordoccidentale, lo spratto - un tempo comune - è diminuito drasticamente fino a scomparire quasi del tutto in molte zone e la sardina sembra essere in profonda crisi. A determinarlo concorrono molteplici fattori, a cominciare dagli effetti diretti e indiretti del cambiamento climatico, che sta esercitando un'influenza sempre maggiore sulla distribuzione, la crescita e il reclutamento di queste risorse pelagiche. I cambiamenti di temperatura stanno alterando anche il regime delle precipitazioni, con effetti a cascata sull’intero ecosistema. Questo significa che, con precipitazioni meno regolari, arrivano meno nutrienti dai fiumi e la crescita del fitoplancton, e di conseguenza dello zooplancton, si riduce. E così si spiega come per i piccoli pelagici il cibo comincia a scarseggiare”.

Acciughe

Parlando sempre di piccoli pelagici bisogna aggiungere che l’aumento delle temperature non produce soltanto il declino di questi organismi. “Alcune specie, come l'alaccia (Sardinella aurita), mostrano un'espansione dell’areale, con un trend opposto rispetto a quello di acciughe, sardine e spratto”, aggiunge Silvia Angelini del Cnr-Irbim. “Per le nostre sardine i più recenti modelli di distribuzione indicano una perdita significativa di habitat climatico idoneo concentrata nelle regioni occidentali e centrali del Mediterraneo e in Adriatico. Queste stesse aree sono soggette poi anche a una maggiore pressione di pesca e questo determina una sovrapposizione tra habitat degradati e sfruttamento intensivo, con un impatto elevato, soprattutto per le specie pelagiche”.

Ma le conseguenze dei cambiamenti climatici su questa specie sono anche altre. “L’aumento delle temperature provoca una diminuzione della taglia media di questi animali e questo costituisce un indicatore preoccupante, considerando l’elevato valore ecologico, ma anche economico, di queste specie. Non va dimenticato, infatti, che le alici rappresentano la risorsa più importante per la pesca italiana in termini di tonnellate di prodotto sbarcato e di fatturato annuo, nel quale sono seguite solo da vongole e sardine”, precisa Angelini. “Mentre infatti in passato la principale preoccupazione per la gestione delle risorse di pesca era limitata a un’adeguata misura del prelievo da pesca, oggi la situazione è resa più complessa dall’incremento della temperatura marina, che nel Mediterraneo aumenta a un ritmo triplo rispetto alla media oceanica globale (0,4-0,8 °C). In Adriatico, l'aumento della temperatura superficiale ha già superato i +1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Questo riscaldamento ha un impatto diretto sulla struttura delle comunità biologiche, incluse quelle rappresentate dalle specie pelagiche in cui specie a preferenza termica fredda, come lo spratto e le sardine, sono chiaramente in crisi e vengono progressivamente sostituite da specie termofile.

La diminuzione della taglia media di queste specie, provocata dall’incremento della temperatura si riscontra poi anche in altri mari del mondo, e può avere sui piccoli pelagi anche un effetto su dinamiche di tipo biologico, ad esempio influenzando negativamente l’aspetto riproduttivo”.

A livello fisiologico, poi, l’aumento della temperatura influisce sul metabolismo dei pesci, accelerandone la crescita e anticipandone la maturità sessuale. “Questo aspetto comporta una riduzione del tempo utile per l’accrescimento somatico, con conseguente diminuzione, anche in questo caso, della taglia media, un fenomeno osservato in diverse specie ittiche a livello globale, e che oggi sta interessando anche le alici e le sardine del mare Adriatico”, conclude Azzurro.

Fonte: Ernesto Azzurro, Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine, ernesto.azzurro@irbim.cnr.it; Silvia Angelini, Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine, silvia.angelini@cnr.it

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