Come stavamo... freschi
Oggi, con l’arrivo dell’estate, la tecnologia ci aiuta a contrastare le alte temperature. Ma in passato, come si affrontava il caldo estivo? Un viaggio curioso tra ghiacciaie, blocchi di ghiaccio e intuizioni chimiche e meccaniche, dall’evaporazione al ciclo di compressione, che hanno aperto la strada ai moderni sistemi di refrigerazione
Con l’arrivo dell’estate si accendano i climatizzatori. Sempre più silenziosi, performanti e sostenibili, allietano le nostre estati e ci salvano dal caldo. Ma come si rinfrescavano i nostri avi? Immaginatevi nel bel mezzo di un’estate ottocentesca; i più fortunati potevano farsi recapitare un blocco di ghiaccio, proveniente dalle ghiacciaie, trasportato su carri isolati con paglia e segatura. Un vero e proprio lusso riservato alle classi sociali più facoltose, ma decisamente poco efficiente.
I primi frigoriferi domestici del 1800 erano, in realtà, armadi con intercapedine isolante, che venivano riempiti regolarmente con un blocco di ghiaccio. Nel 1825, un inventore di Boston, Nathaniel Jarvis Wyreth, brevettò un mezzo di trasporto trainato da cavalli (ice plough), che rese più facile ed economica la commercializzazione del ghiaccio, che divenne così accessibile anche alle fasce meno abbienti della società.
Occorrerà aspettare fino al 1851, quando ci fu quella che venne definita la “conquista del freddo”, per arrivare all’invenzione della macchina frigorifera ad opera del medico statunitense John Gorrie. Sfruttava il principio secondo cui l’espansione rapida di un gas provoca raffreddamento. In pratica, un gas viene compresso fino a diventare liquido, poi rilasciato in uno spazio più ampio. Nel processo, assorbe calore dall’ambiente rinfrescandolo. Un principio che usiamo ancora oggi nei condizionatori e nei frigoriferi.
Oggi si può ammirare un modello della sua macchina al John Gorrie Museum State Park, in Florida.
Le epidemie di febbre gialla nei mesi estivi spinsero Gorrie a intraprendere la strada dell'invenzione della refrigerazione artificiale per alleviare le sofferenze dei suoi pazienti. Dopo anni di sperimentazione, ottenne il “brevetto n. 8080” per il suo "Processo migliorato per la produzione artificiale di ghiaccio". Sfortunatamente per lui, e per il resto del mondo, i produttori del nord, che detenevano il monopolio del ghiaccio, non condividevano il suo entusiasmo filantropico. Consideravano la sua invenzione una minaccia ai loro profitti e iniziarono a screditarlo pubblicamente. Ci sarebbero voluti una Guerra civile (1861-1865) e un blocco navale che impedisse la consegna del ghiaccio del nord per portare la produzione di ghiaccio artificiale anche al sud.
Ma se vogliamo essere pignoli, i primi esperimenti di raffrescamento artificiale furono di natura chimica, non meccanica. Già nel XVIII secolo, i grandi inventori del tempo, come Benjamin Franklin e il chimico John Hadley, iniziarono a sfruttare il concetto che certe sostanze potessero “rubare calore” all’ambiente. Osservarono che facendo evaporare velocemente liquidi come alcool o etere, la temperatura scendeva significativamente. Una molecola liquida, infatti, per passare allo stato gassoso, consuma energia termica che prende dall’ambiente circostante. Ecco perché quando mettiamo l’alcol sulla pelle, sentiamo subito fresco.
Nel XIX secolo, entra in scena Michael Faraday, che si mise a studiare i gas liquefatti. Fu lui a capire che l’ammoniaca gassosa, se compressa, liquefatta e poi lasciata evaporare, poteva abbassare significativamente la temperatura dell’ambiente circostante. Quello che Faraday stava inconsapevolmente facendo era costruire il prototipo chimico del ciclo di refrigerazione a compressione, lo stesso che troviamo nei moderni condizionatori.
Oggi, mentre godiamo della brezza glaciale del nostro condizionatore, vale la pena ricordare che tutto è nato da un pugno di chimici curiosi e da un medico determinato a migliorare la qualità della vita dei suoi pazienti (e probabilmente anche la propria).
Perché dietro ogni "clic" sul telecomando dei climatizzatori c’è un mondo fatto di compressioni, evaporazioni, gas e molecole che danzano come in un valzer termodinamico. E la chimica, come spesso accade, dirige le danze.