Editoriale

Perché l'Italia non vince il Nobel?

La settimana dei Nobel è trascorsa senza che l'Italia abbia potuto festeggiare un premiato nelle discipline scientifiche. Certo, la ricerca non è una gara sportiva, non si tratta di conquistare il podio per placare gli ardori della tifoseria, ma questa assenza dal più celebre riconoscimento mondiale purtroppo conferma le criticità di un comparto essenziale per lo sviluppo sociale, economico e culturale dell'intero paese. La ricerca scientifica di eccellenza, infatti, è senz'altro frutto di genialità, fantas
di Marco Ferrazzoli

Anche quest'anno nessun nostro premiato nelle discipline scientifiche. E molti italiani insigniti in passato hanno fatto ricerca all'estero oppure realizzato scoperte che non hanno avvantaggiato la nostra economia. Il problema è che la ricerca scientifica di eccellenza, oltre che di genialità individuale, è espressione di un sistema che comprende la formazione, la cultura diffusa, la convinzione di politici e investitori. E noi purtroppo non riteniamo strategico offrire ai ricercatori un supporto adeguato

Pubblicato il
Il fatto che nei periodi di difficoltà come quelli attuali si pensi di 'tagliare' le già scarse dotazioni per scienza e tecnologia, anziché di investirvi “con maggior slancio e convinzione" la dice lunga sul perché i nostri Nobel scientifici siano tanto rari. E soprattutto sul perché molti di loro abbiano vinto per ricerche condotte in gran parte o totalmente all'estero (è il caso di Capecchi, Montalcini, Dulbecco [nella foto], ecc.) oppure per scoperte che non hanno avvantaggiato come avrebbero potuto la n

La settimana dei Nobel è trascorsa senza che l'Italia abbia potuto festeggiare un premiato nelle discipline scientifiche. Certo, la ricerca non è una gara sportiva, non si tratta di conquistare il podio per placare gli ardori della tifoseria, ma questa assenza dal più celebre riconoscimento mondiale purtroppo conferma le criticità di un comparto essenziale per lo sviluppo sociale, economico e culturale dell'intero paese. La ricerca scientifica di eccellenza, infatti, è senz'altro frutto di genialità, fantasia, intuito individuali e personali; ma è anche espressione di un sistema che comprende la formazione sin dalle basi scolastiche, la cultura diffusa della cittadinanza, la convinzione con cui i decisori politici e le imprese decidono di scommettere sull'innovazione".

"Se, come Paese, non siamo in grado, o meglio non riteniamo strategico, offrire ai ricercatori un contesto favorevole e attraente, diventa quasi impossibile arrivare a risultati prestigiosi come il Nobel. È come voler partecipare a un campionato di Formula uno con delle utilitarie", ha lamentato Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, dopo l'assegnazione dei premi. "Ai campioni e fuoriclasse italiani mancano risorse adeguate, certezze professionali in termini di ingresso, carriera e stabilità.

Il fatto che nei periodi di difficoltà come quelli attuali si pensi di 'tagliare' le già scarse dotazioni per scienza e tecnologia, anziché di investirvi “con maggior slancio e convinzione" la dice lunga sul perché i nostri Nobel scientifici siano tanto rari. E soprattutto sul perché molti di loro abbiano vinto per ricerche condotte in gran parte o totalmente all'estero (è il caso di Capecchi, Montalcini, Dulbecco [nella foto], ecc.) oppure per scoperte che non hanno avvantaggiato come avrebbero potuto la nostra economia, com'è stato per Marconi e Natta. Al di là dei premi, il "nemo propheta in patria" vale purtroppo anche per la ricerca spaziale e per informatica ed energia, due settori nodali come pochi altri nello sviluppo odierno.

Un piccolo spiraglio di speranza si apre grazie a un provvedimento balzato agli onori della cronaca per altre ragioni, cioè l'inclusione nel Prodotto interno lordo dei proventi di alcune attività illecite come il traffico di droga e la prostituzione. La novità positiva inclusa nella normativa è che la ricerca non sarà più conteggiata nel bilancio pubblico come spesa ma come investimento e quindi non peserà più nel controllo dei parametri di Maastricht: è prima di tutto un segnale culturale importante, al quale devono far seguito atti concreti. Anche se, si potrebbe osservare, non fa che certificare ciò che dovrebbe essere scontato.