Editoriale

Una secchiata non basta, però…

I ricercatori lamentano spesso, e a ragione, la scarsa attenzione di cui si considerano oggetto: innanzitutto, ma non esclusivamente, sul piano delle sempre carenti risorse finanziarie a loro disposizione. Talvolta, però, le campagne di comunicazione tese ad avvicinare la comunità sociale a quella scientifica vengono sottoposte a critiche che, pur essendo in parte fondate, rischiano di mantenere o ampliare il divario.  Nell'estate che ci siamo appena lasciati alle spalle i media hanno ospitato, offrendole a
di Marco Ferrazzoli

In estate i media hanno dato molto spazio all'Ice Bucket Challenge, un'iniziativa virale a favore della ricerca sulla Sla che ha ottenuto grande successo ma anche suscitato numerose polemiche. Iniziative tese e richiamare l'interesse sulla ricerca utilizzando sistemi mediatici capaci di 'fare tendenza' hanno la capacità di allargare l'audience e di raggiungere target inavvicinabili

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La campagna ha sortito l'effetto desiderato - attrarre attenzione e fondi: oltre 40 milioni di dollari negli Usa, circa 300 mila euro in Italia solo nei primi giorni di diffusione – ma anche numerose polemiche. C'è chi ne ha criticato l'aspetto modaiolo e vipparolo, chi ha vaticinato l'aleatorietà dei suoi effetti, chi se l'è presa con i testimonial per l'insufficienza o l'incertezza dei contributi offerti. Nessuno nega tali limiti, né vuol affermare che questo genere di attività basti a costruire una solid

I ricercatori lamentano spesso, e a ragione, la scarsa attenzione di cui si considerano oggetto: innanzitutto, ma non esclusivamente, sul piano delle sempre carenti risorse finanziarie a loro disposizione. Talvolta, però, le campagne di comunicazione tese ad avvicinare la comunità sociale a quella scientifica vengono sottoposte a critiche che, pur essendo in parte fondate, rischiano di mantenere o ampliare il divario.

Nell'estate che ci siamo appena lasciati alle spalle i media hanno ospitato, offrendole ampi spazi, un'iniziativa 'virale': l'Ice Bucket Challenge. Molte persone, tra cui numerosi personaggi pubblici, si sono fatti riprendere mentre una secchiata d'acqua gelida pioveva loro sulla testa, nominando un altro personaggio da sottoporre allo stesso trattamento, annunciando una donazione a favore della ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica e invitando tutti a fare lo stesso.

La campagna ha sortito l'effetto desiderato - attrarre attenzione e fondi: oltre 40 milioni di dollari negli Usa, circa 300 mila euro in Italia solo nei primi giorni di diffusione – ma anche numerose polemiche. C'è chi ne ha criticato l'aspetto modaiolo e vipparolo, chi ha vaticinato l'aleatorietà dei suoi effetti, chi se l'è presa con i testimonial per l'insufficienza o l'incertezza dei contributi offerti. Nessuno nega tali limiti, né vuol affermare che questo genere di attività basti a costruire una solida cultura della ricerca. Ma, come dice il presidente dell'Asla Daniele Fasolo, “più se ne parla meglio è”, considerato che la malattia è tutto sommato abbastanza 'visibile' sui mezzi di comunicazione e informazione, ma ancora sostanzialmente incurabile e bisognosa quindi di un robusto supporto agli studiosi che se ne occupano. “Non capisco le critiche”, chiosa Massimo Mauro, presidente della quasi omonima Aisla, altra associazione impegnata nell'ambito della lotta alla Sla.

Iniziative tese e richiamare l'interesse sulla ricerca scientifica mediante strumenti mediatici capaci di 'fare tendenza', solitamente riservati a cause di altro genere, non sono frequentissime. Sempre nelle scorse settimane estive, per esempio, un professore tedesco ha nuotato per tutto il corso del Reno, dalla sorgente alla foce, al fine di ottenere i fondi necessari al suo laboratorio.
Ci dovremmo però rendere conto che solo questi mezzi più sociali e virali hanno la possibilità di allargare l'audience e di raggiungere target altrimenti inavvicinabili con la consueta comunicazione istituzionale o accademica. E il perpetuarsi delle polemiche sulla loro congruità e coerenza con i nobili scopi che vogliono - e vogliamo - promuovere rischia di confermare l'immagine un po' austera ed altera che la ricerca ancora dà di sé. Ricordiamo il precedente di Caterina Simonsen, la studentessa di veterinaria che riferendosi alla propria diretta esperienza di malata ha ringraziato e difeso la sperimentazione su animali con dei video molto diffusi in rete, che le hanno attirato le critiche e persino qualche insulto da parte di alcuni animalisti e, dagli 'addetti ai lavori', attestati di stima ma anche critiche per l'uso empatico ed emotivo del proprio caso personale.

Nell'Almanacco della scienza ci sforziamo sempre di trovare un punto di equilibrio tra il rigore dei contenuti e una forma 'friendly'. In questo numero, poi, abbiamo voluto cercare anche un punto di incontro tra l'avvio dell'anno scolastico e il ricordo ancora vivo delle vacanze con un tema – i parchi letterari – che si presta bene a fare da spunto sia per una riflessione sui temi della cultura, scientifica e umanistica, sia per un possibile supplemento di vacanza autunnale.